Le riforme radicali e il tatticismo del Pd

Dalla Rassegna stampa

Fa una certa impressione, ma non stupisce, vedere Veltroni capeggiare il fronte anti-berlusconiano-duro interno al PD. E’ lo stesso Veltroni che un annetto fa intendeva usare assieme a Berlusconi il Parlamento dei nominati per aprire la stagione delle riforme, a partire da quelle “sulle regole”? E’ proprio lui. D’altronde la storia dei rapporti del PD, e prima quella del PCI-PdS-DS, con Berlusconi è fatta di balzi e frenate, dai baratti sul sistema radiotelevisivo degli anni ’70-’80, alla quotazione di Mediaset in borsa col Governo D’Alema, per arrivare a D’Alema candidato di Berlusconi in Europa. Anche nel Veltroni leader “dialogante” del PD si può trovare un segno chiaro, e apparentemente contradditorio, di attenzione privilegiata nei confronti di Di Pietro: all’Italia dei Valori fu infatti concesso l’apparentamento del simbolo elettorale negato alla Lista Bonino-Pannella.

La contraddizione è solo apparente, perché la rissa e l’intesa, lo scontro e la saldatura, si alternano inesorabilmente quando non si hanno proposte alternative a quelle dell’altro campo. Se prevalgono convenienze tattiche, è inevitabile che in un partito come il PD, dove non mancano fazioni contrapposte, quando una parte lavora per il dialogo, un’altra si trova aperto lo spazio dello scontro. E puntualmente ci si infila.

Quello che, come Radicali, non abbiamo smesso un attimo di proporre al Paese, e quindi anche al PD, è l’individuazione di riforme chiave per realizzare un’alternativa non solo a Berlusconi, ma allo sfascio delle istituzioni italiane che vive un processo di accelerazione ormai incontrollabile. Non basta dire, come fa Bersani, che bisogna tornare a eleggere i Parlamentari. Bisogna evitare di cadere nella restaurazione proporzionalista e offrire ai cittadini italiani l’eletto “del collegio”, cioè il rappresentante di quel preciso territorio, selezionato con un turno unico come vorremmo noi, oppure con un doppio turno alla francese, come pure era nel programma del PD veltroniano alle politiche. Solo un Parlamento più autorevole, cioè composto di rappresentanti dei cittadini invece che da emissari dei partiti, può rappresentare un contro-potere efficace nei confronti dell’esecutivo. Solo così il rafforzamento dei poteri del capo del governo, inclusa l’ipotesi di riforma presidenzialista, ci avvicinerebbe al modello degli Stati Uniti d’America invece che agli esempi centro-sud-americani di populismi democraticisti.

Sul versante della giustizia, alle controriforme ad uso personale messe in campo da Berlusconi è urgente contrapporre l’esigenza di sbloccare la macchina giustizia dai 9 milioni di processi pendenti, all’amnistia di fatto rappresentata dalle 170.000 prescrizioni l’anno contrapporre un’amnistia legale che selezioni i processi per i reati più gravi, risarcisca le vittime e liberi i tribunali dai reati senza vittima, primi fra tutti quelli in materia di droga e immigrazione. Senza dimenticare le carceri, e quello sciopero della fame di Rita Bernardini e degli altri Radicali che da ormai due settimane chiedono che una mozione per discuterne sia messa all’ordine del giorno del Parlamento.

L’urgenza di proposte alternative si avverte anche sul piano dell’economia e dell’ambiente, della politica internazionale e dei diritti civili. Se però l’Opposizione Ufficiale, l’unica che può parlare ogni giorno al Paese, si divide fra dialoganti e intransigenti, condanna se stessa ad essere subalterna, perfettamente integrata nello stesso sistema che contribuisce a conservare: quello di un regime antidemocratico che dura da sessant’anni e del quale è urgente liberarsi.
 

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