Riforme, prima intesa passano le mozioni con i voti bipartisan

Dalla Rassegna stampa

Umberto Bossi lascia l’Aula e si dirige verso la buvette del Senato, mentre i cronisti gli chiedono come si possa ragionare di riforme con l’aria che tira nei palazzi. E il leader leghista: «Non si possono fare le elezioni prima delle riforme, sennò la gente si arrabbia». Nello stesso momento il responsabile della Semplificazione sta illustrando la sua riforma costituzionale, una nuova «bozza» con cui spera di spedire in soffitta il progetto Violante. E poiché «le bicamerali portano male» perché non convocare, propone Roberto Calderoli, una convenzione costituente? «Parliamone» apre Anna Finocchiaro e, come a neutralizzare i sospetti, aggiunge: «Nessuno scambio, l’unico modo per impedire le leggi ad personam è fare le riforme». In un clima laico e (all’apparenza) costruttivo, il treno bipartisan non si arresta. I binari non sono quelli dell’alta velocità e Maurizio Gasparri lo fa capire. «Cercheremo il confronto, ma non lo consideriamo un diritto di veto» scandisce il presidente dei senatori del Pdl. Invita «la sinistra a guardare con più coraggio» al presidenzialismo e rivendica il «diritto dovere» di decidere: «Non subiremo un freno sulle decisioni a proposito dei meccanismi di funzionamento della Repubblica e dello Stato». Anna Finocchiaro e Gaetano Quagliarello (che ha proposto di «non espellere il capitolo giustizia») puntavano a una mozione condivisa, ma i democratici hanno ritenuto «irrinunciabili» due punti che il Pdl non ha mandato giù: poteri del Parlamento e legge elettorale. E così, col parere favorevole del governo e la non partecipazione (reciproca) dei gruppi al voto, Pdl, Lega e Mpa hanno dato il via libera al testo del Pd e viceversa. La mozione dell’Svp passa per alzata di mano, quella dell’Idv è respinta e i Radicali bocciano il nuovo embrione di larghe intese. «Da qui può partire una fase costituente» benedice il mezzo accordo il presidente del Senato, Renato Schifani. «È solo un inizio, ma è già un inizio» rivendica l’iniziativa la Finocchiaro, che ha dovuto affrontare i distinguo dei veltroniani ma è contenta per la promessa che la seconda parte della Carta costituzionale si cambia con «la più ampia maggioranza». Una boccata di ossigeno per Bersani, il quale vuole le riforme per «fermare la deriva populista». Antonio Di Pietro, invece, si tira fuori: «Inciucio trasversale»
 

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