La riforma incompiuta dei contratti

Dalla Rassegna stampa

Gli stipendi dei pubblici dipendenti non avranno nuovi aumenti sino alla fine del 2012. Così è stabilito nel decreto approvato dal governo prima dell'estate. Non si tratta di una novità solo italiana. Tagli in busta paga dei dipendenti pubblici sono stati decisi in Spagna, Irlanda e persino in Germania hanno ridotto le tredicesime. Migliaia di posti pubblici, poi, saranno cancellati in Francia, Spagna e Gran Bretagna. Per fronteggiare i rischi dei "debiti sovrani", i vari governi europei hanno affondato il bisturi anche nel pubblico impiego. Nel nostro paese questo si è verificato quando era appena iniziata la famosa riforma Brunetta.
La riforma dovrebbe legare in modo indissolubile, gli stipendi alla produttività, attraverso il rafforzamento del ruolo della valutazione, della trasparenza e della misurazione delle "performance", nonché della soddisfazione espressa dai cittadini-clienti. Tutta la contrattazione collettiva va rivista alla luce di questo nuovo indirizzo, ragion per cui i tradizionali aumenti a pioggia saranno severamente vietati e sostituiti da premi e riconoscimenti economici improntati ad una rigida selettività: solo il 25% del personale (quello più efficiente) può avere i premi più consistenti, mentre il 25% dei dipendenti più scadenti non avrà alcun aumento.
A questo punto, però, sorge l'interrogativo: come è possibile fare la "riforma" se gli stipendi sono bloccati? Come si fa a premiare i meritevoli, se non ci sono soldi per nessuno? Non traggano in inganno i rinnovi dei contratti collettivi che sono stati conclusi in questi mesi. Questi fanno parte di vecchie code contrattuali: contratti scaduti da anni e non ancora rinnovati. Questi non hanno portato alcuna novità di rilievo.
Del nuovo sistema non vi è ancora traccia e il motivo è semplice: gli obiettivi di bilancio sono una priorità rispetto alla riforma Brunetta. Il che è tutto sommato giusto. Quindi tutto fermo, per ora. Si sta contrattando solo sulla definizione dei comparti (amministrazioni centrali, le regioni ecc.), nell'ambito dei quali, si dovrà effettuare la contrattazione collettiva di nuovo conio.
Secondo la riforma questi comparti dovranno essere quattro, il che comporterà una notevole semplificazione. Ma tutto questo conta poco ed è solo propedeutico rispetto all'obiettivo fondamentale della riforma, che è di sviluppare il legame sinergico tra: produttività-valutazione-retribuzione. Che fare nel frattempo? Si potrebbe almeno mettere a punto i sistemi di valutazione che si dovranno utilizzare quando la contrattazione potrà riprendere. È quanto tenta di fare la Commissione nazionale per la valutazione (Civit) prevista dalla riforma e che è stata costituita pochi mesi fa.
La Commissione sta lavorando, ma l'impressione è che perora produca solo documenti. Il problema è verificare se avrà le risorse e l'autorevolezza per controllare che le diverse amministrazioni effettuino le valutazioni previste dalle norme. Insomma, ancora tutto da vedere. Sarebbe già tanto se il nuovo sistema fosse applicato ai ministeri. Saremmo veramente curiosi di leggere una graduatoria di ministeri fatta sulla base delle loro performance relative e vedere che i premi maggiori vanno ai dipendenti dei ministeri più virtuosi. Se l'amministrazione centrale per prima deve dare il buon esempio, ecco un buon banco di prova per il governo. Magari cominciando dai premi che già ora vengono riconosciuti. Senza bisogno di aspettare nuove risorse.

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