Riforma elettorale, parte il Senato il Pdl propone un porcellum bis

«No». Bossi a chi gli chiede se la legge elettorale va cambiata, risponde netto: non si cambia. Ma al Senato, in commissione Affari costituzionali, ieri la discussione sulla riforma elettorale entra nel vivo e, a sorpresa, il Pdl va al contrattacco. Il vice capogruppo Gaetano Quagliariello presenta infatti un disegno di legge che le opposizioni giudicano il segnale della controffensiva, anzi «una pistola poggiata sul tavolo».
Prevede infatti anche per il Senato il premio di maggioranza nazionale, ripartito poi a livello regionale. Significa, fuori dai tecnicismi, che il Pdl disinnesca la mina sotto la sua sedia, ovvero il pericolo di non avere alle prossime elezioni una maggioranza certa a Palazzo Madama essendo nelle regioni del Sud incalzato dai finiani e dall'Udc. Una sorta di Porcellum bis. «È il tentativo maldestro di ricavarsi una maggioranza anche al Senato», commenta Gianpiero D'Alia, il capo gruppo centrista. Lucio Malan, relatore poi della legge elettorale in commissione, ne rivendica il significato politico e spiega che la proposta prevede anche di unificare la soglia di sbarramento al 5% (ora è all'8% se si presenta una lista che corre da sola e al 4% se si va in coalizione). Lavori in corso anche alla Camera dove ieri torna a coalizzarsi il fronte ampio per il cambiamento del Porcellum, ovvero Pd, Fli, Udc, Idv e Api. Tuttavia difficilmente sarà Montecitorio a occuparsi di legge elettorale. A meno di «un'intesa istituzionale» - spiega Enzo Bianco - tra i presidenti dei due rami del Parlamento, Gianfranco Fini e Renato Schifani. I due si incontreranno. Però sia Malan, che D'Alia che il pd Gianclaudio Bressa giudicano basse le possibilità che la partita parlamentare si sposti. Ieri è la giornata della tregua armata nella maggioranza e Berlusconi esorcizzalo spettro delle elezioni. PierFerdinando Casini, il leader dell'Udc, prende atto: «Sul voto Berlusconi è rinsavito, ha parlato di elezioni per mesi ma adesso dice che non c'è mai stata questa ipotesi. La riforma elettorale è nel cassetto, quando ci saranno le urne in vista potrà essere approvata in dieci minuti. La riforma non è ribaltone».
Tra Casini, Bersani e Fini continuano i contatti su legge elettorale e governo tecnico se il governo annasperà. Martedì un vertice tra "ambasciatori" delle opposizioni e finiani ha avuto sul tavolo la questione dei collegi. Roberto Calderoli, il ministro leghista e autore della "porcata", avverte: «Non è possibile che chi ha perso le elezioni faccia la riforma elettorale contro chi le ha vinte». Il Pd gli ricorda che il "Porcellum" fu figlio di un colpo di mano della maggioranza. Bersani è soddisfatto del fatto che «finalmente si discute, si cammina» e che ci sia una larga la platea di chi vuole cambiarla: «Norma vergogna da cambiare prima del voto».
Il "come" è in effetti problematico. Oggi si riunisce il comitato bipartisan per l'uninominale di cui fanno parte i pd Ceccanti, Ichino, Chiti, Tonini, Gentiloni, i radicali e a cui ieri hanno aderito anche i finiani, Urso, Viespoli, Germontani, Baldassarri. In tutt'altra direzione vanno i contatti alla Camera. Bressa spiega che si sono messi alcuni paletti, ovvero no al Mattarellum così com'era; no al premio di maggioranza così com'è concepito. Si torna a parlare di premiership nel centrosinistra. Potrebbe essere di Montezemolo? (L'idea è di Goffredo Bettini). Bersani: «Per battere Berlusconi va bene tutto anche le idee più fantasiose».
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