Riforma compatibile con la lettera della Costituzione

Nell'ampia discussione che si è aperta sulla necessità di una modifica alla legge elettorale, molti si soffermano sul fatto che quella attuale non piaccia a nessuno, nemmeno ai suoi estensori. Il principale di questi, il ministro Calderoli, non ne ha risparmiato, come si sa. una famosa definizione poco edificante. E tuttavia desideriamo far notare ai grandi teorici delle modifiche elettorali come condizione necessaria del miglioramento del sistema politico, che il problema non è se la legge elettorale piaccia o non piaccia, quanto se sia compatibile o meno con la Carta costituzionale. L'attuale legge elettorale, in proposito, comporta un problema, come lo comportava la legge del 2001: in entrambe viene indicato, con lo schieramento politico, anche il presidente del Consiglio. In questo modo viene reso di fatto un atto notarile il potere di nomina del Capo dello Stato. È evidente infatti che l'articolo 92 della Costituzione, a fronte di un'elezione diretta del premier. perda il suo significato più proprio. Per cui, se si vuole evitare il conflitto di attribuzioni che pure si è visto nell'ultimo anno, sarebbe il caso di considerare questo aspetto di mancata compatibilità prima di annunciare il ritorno all'uninominale o l'abolizione dei premio di maggioranza.
Quest'ultimo elemento è poi di considerevole importanza, perché di fatto ha modificato l'impianto complessivo della Costituzione ed è curioso che ancora lo si ignori. Con il premio di maggioranza, il Parlamento non ha più la sua funzione costituzionale propria e si comprende come sia il centrosinistra di Prodi sia il centrodestra attuale, ignorando i richiami del presidente della Repubblica, abbiano preferito ricorrere ad un uso spropositato ed estenuante del voto di fiducia. In questo modo la "Seconda Repubblica", o se preferiamo la sua caricatura. intendeva sacrificare rappresentanza e dialettica sull'altare decisionale.
La legge elettorale non è congrua dunque alla Costituzione, ma a questa impostazione populistica che, ci si permetta, trova un antesignano nelle dottrine fasciste del secolo scorso. Solo che centrodestra e centrosinistra pari sono in proposito. ed è assurdo accusare Berlusconi ed il ' berlusconismo' di voler violare la Costituzione quando il premio di maggioranza e l'elezione diretta del premier sono considerati anche da Prodi, Rutelli e Veltroni. Piuttosto non c'è dubbio alcuno che, con le liste bloccate, il Parlamento sia considerato ancora più marinale, perché l'unico che si può considerare davvero eletto dal popolo è il capo della coalizione.
Mentre i deputati possono anche non fare campagna elettorale: Berlusconi, già nel 2001, non voleva che i candidati del Pdl mettessero la loro faccia sui manifesti. Almeno Berlusconi è rimasto coerente con questa impostazione. Non c'è dubbio, allora, che, rispetto a tutto questo, il ritorno all'uninominale proposto dai radicali e da altri possa ridare sangue ad un Parlamento impoverito. Solo che vi sarà pur stato un qualche motivo se tutti sono convenuti sul superamento di quella legge elettorale che l'Italia non conobbe solo come "mattarellum": esisteva anche ai tempi di Giolitti che. senza troppi eufemismi, veniva accusato di essere il ministro della "malavita": ed i suoi eletti con l'uninominale di disporre di "mazzieri" molto più persuasivi di qualsiasi altra propaganda. Considerato il problema etico che grava su questa legislatura (come ha gravato su tante altre precedenti), con un eventuale ritorno all'uninominale magari non ci sarà la sospirata stabilità politica, ma almeno nutriremo i mai sopiti moralismi italiani.
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