Ricerca, ambiente, aiuti. Ecco i conti del 5 per mille

Dalla Rassegna stampa

Viva il no profit. Quasi la metà dei contribuenti, quando è arrivato il momento di compilare l'ultima dichiarazione dei redditi, ha deciso di utilizzare il 5 per mille. Cioè di destinare questo pezzettino di tasse da pagare a un ente benefico, invece di farlo entrare automaticamente nelle casse dello Stato. Con gli elenchi definitivi per la spartizione relativa al 2008, pubblicati ieri dall'Agenzia delle entrate, arrivano conferme, ma anche tante curiosità su questo strumento introdotto in via sperimentale con la Finanziaria del 2006 e mantenuto in vita anche per quest'anno.
Iniziamo dai grandi numeri. Gli enti beneficiati sono stati 41mila. Complessivamente hanno ottenuto 420 milioni di euro. I contribuenti che hanno deciso di attribuire il5 per mille sono stati 15,4 milioni (su una platea complessiva di 38 milioni e mezzo), ovvero un milione in più rispetto all'anno prima. I più amati (e questa è una conferma) sono gli enti onlus e di volontariato: scelti da un milione di cittadini, e si sono aggiudicati circa 268 milioni. Seguono gli enti di ricerca e le università (per loro hanno optato 928mila persone per un totale di 63 milioni e 600mila euro), gli enti di ricerca sanitaria (a cui sono andati 61,3 milioni), le attività svolte dai comuni di residenza (sono state scelte solo da 500mila contribuenti e hanno incassato 13 milioni). All'ultimo posto ci sono le associazioni sportive: solo 6 milioni. Se gli enti benefici sono i più gettonati, le loro star si chiamano Medici senza frontiere ed Emergency. Si sono aggiudicate rispettivamente circa 10 e circa 8 milioni. A scegliere Medici senza frontiere sono state 255.338 persone, per Emergency hanno optato in 234.986. Attenzione, però, se si fa un calcolo complessivo, si scopre che a sbaragliare tutti nel cuore degli italiani è l'associazione contro il cancro. Complessivamente è stata scelta da oltre un milione e mezzo di contribuenti. È vero che nel comparto volontariato è arrivata solo quarta (dopo Medici senza frontiere, Emergency e Unicef, ma è prima sia in quello della sanità sia in quello della ricerca. E così, giocando su più fronti, ha incassato in tutto 59 milioni e 400mila euro.
Non è andata male all'associazione Croce bianca che, tanto per fare degli esempi, è stata scelta da 20mila contribuenti e all'Opera nazionale assistenza agli orfani dei carabinieri indicata da 10mila. La cooperativa sociale «Il volano» ha ricevuto 1.550 preferenze, la Federazione italiana bocce 1.381 e l'Equador amico più di mille. Come si vede, il 5 per mille viene destinato un po' a tutto. Si va dall'associazione Luca Coscioni (distrofia muscolare) all'Associazione nazionale dei vigili del fuoco. Dall'opera Don Guanella a una miriade di società animaliste. Da Amnesty international ai mutilati e invalidi sul lavoro.
E poi c'è una moltitudine di enti dai nomi astrusi che non fanno risalire alle attività svolte e circa una cinquantina di società che sono riuscite ad entrare nell'elenco del 5 per mille, ma nessuno le ha scelte. Ad esempio, l'associazione Padre maestro san Francesco Antonio Fasani. La «Padre Pio» cooperativa sociale è stata invece opzionata da una persona sola: ha incassato 3 euro e 30 centesimi.
L'ultima cifra disponibile calcolata al centesimo, risale solo al 2004: 897 milioni di euro distribuiti a Stato, Chiesa cattolica e altre confessioni minori sulla base della scelta sull'8 per mille dell'Irpef, effettuata nel 2001 sui redditi del 2000 dal 9,6% dei contribuenti. La generosità 'ufficiale', quindi, batte quella meno convenzionale del 5 per mille. Già, perché dagli assegni staccati e dalle stime di quanto incasseranno Stato e Chiese sulla base delle dichiarazioni dei redditi, emerge che i contribuenti italiani sono tradizionalmente legati all'8 per mille: dai 398 milioni di euro del 1990 (ovviamente è il ricalcolo della cifra che allora era in lire), la cassaforte dell'8 per mille è arrivata a contabilizzare poco più di un miliardo nel 2008.
 
Un bel tesoretto che, però, non è solo frutto della beneficenza degli italiani. Anzi, per la maggior parte è l'effetto dell'indifferenza dei contribuenti: nel computo entra quel 60,4% di non scelte o scelte non espresse (quindi il doppio di chi nel 2001 ha firmato per l'8 per mille) cui corrisponde una quota di Irpef ripartita per legge tra Stato e Chiesa in proporzione alle preferenze di chi, invece, la scelta l'ha fatta. Quindi, se quell'anno il 34,56% ha firmato per l'8 per mille alla Chiesa cattolica, il 34,56% della quota di Irpef di chi nulla ha firmato va alla Chiesa. E via calcolando.
 
Il Vaticano ha poi un'altra fonte di reddito se si considera che nel 2004 lo Stato ha destinato il 44,64% dei 20 milioni incassati alla conservazione dei beni culturali legati al culto cattolico. Ma il piatto dello Stato piange perché dal 23% di firme per lo Stato nel 1990 si è scesi al misero 8,3% del 2006.

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