Responsabilità civile, i dubbi dei costituzionalisti Onida: si può migliorare senza cambiare la Carta

Dalla Rassegna stampa

Un clamoroso errore giudiziario non può risolversi solo in danno del cittadino, ma a questi va garantita la possibilità di rivalersi sul magistrato responsabile. Su questo principio che la riforma della giustizia progettata dal governo vuole introdurre nella Carta i costituzionalisti si dividono. Secondo Valerio Onida, presidente emerito della Consulta
«Il principio della responsabilità civile dei magistrati è già affermato nella legge n. 117 del 1988. In sostanza è risarcibile (sia pure agendo contro lo Stato, che poi si rivale sul magistrato) il cittadino che abbia subito un danno ingiusto per effetto di un comportamento, atto o provvedimento giudiziario posto in essere da un magistrato con 'dolo' o 'colpa grave' nell'esercizio delle sue funzioni ovvero per diniego di giustizia». Questa legge, varata dopo un referendum dei radicali approvato dagli italiani a larga maggioranza, assicura virtualmente che lo Stato pagherà il cittadino leso per un'ingiustizia, ove ci siano stati dolo o colpa grave del magistrato. Ma dev'essere poi lo Stato a decidere se rivalersi o meno sul giudice per fargli pagare il danno, a determinate condizioni alquanto complesse. Nella riforma proposta dal governo si coglie, invece, la volontà di realizzare davvero un principio rimasto inapplicato nonostante la legge dell'88.
«Nel progetto presentato dal governo dice ancora Onida - si parla dell'introduzione con legge costituzionale di una responsabilità diretta dei magistrati per violazione di diritti. Ma non si comprende bene di cosa si tratti. Perché se volesse dire, ad esempio, che un cittadino condannato in primo grado e successivamente assolto in appello e in via definitiva, possa per ciò solo chiedere automaticamente il risarcimento nei confronti dei giudici che lo avevano condannato, sarebbe come dire che ogni sentenza riformata produce automaticamente una responsabilità dei magistrati. Così si violerebbe il principio del libero convincimento del giudice soggetto soltanto alla legge e si comprometterebbe l'indipendenza del giudice».
La riforma, tuttavia, sembra proporsi come un monito ai giudici: non più sentenze depositate dopo anni, non più persone in carcere al posto di altri rei confessi dello stesso reato. Secondo Fernanda Contri, che è stata vicepresidente dei giudici della Consulta e consigliere del Csm: «L'errore in una certa misura è fisiologico al sistema se no non ci sarebbero l'appello e la Cassazione. Sono contraria ad un principio automatico di punizione. Sarebbe una forte arma di pressione sui magistrati e di intimidazione dei più pavidi. E si aggraverebbe la condizione dei soggetti più deboli davanti alla giustizia. La serenità del magistrato è un valore da preservare. Io ho grande fiducia nei magistrati altrimenti non sarei tornata a fare l'avvocato. Inoltre rileggendo gli atti della Costituente mi convinco sempre più che i principi costituzionali debbono essere condivisi da una larghissima maggioranza dei cittadini, sarebbe un errore fare modifiche costituzionali così importanti a maggioranza semplice perché si costringerebbe almeno una metà degli italiani ad accettare norme ritenute ingiuste».
Tuttavia anche le norme vigenti sono considerate inefficaci: Replica Onida: «Se si vuole migliorare la procedura in vigore lo si può fare, senza bisogno di modifiche alla Costituzione». Il principio di responsabilità riguarderà anche i pm, spesso presi di mira dalla politica. «Per quanto poi riguarda i pubblici ministeri - osserva Onida - si deve tener conto che essi per lo più possono solo chiedere provvedimenti e misure, ad esempio restrittive delle libertà, che però devono essere valutate e decise da un giudice, come il Gip, per divenire operative. Sarebbe configurabile una responsabilità del pm che abbia volutamente o per grave negligenza nascosto al Gip un atto o una prova decisiva a favore dell'imputato, ma questa eventualità ricadrebbe nuovamente nelle ipotesi di dolo o colpa grave già previste dalla legge 117».

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