Renzi: “Un caffè con D'Alema? Sì, ma solo se lo preparo io”

Dalla Rassegna stampa

Un caffè con l’avversario numero uno nel Pd, Massimo D’Alema? «Sì, magari lo preparo io ma sì», ha risposto Matteo Renzi, sindaco di Firenze e candidato alle primarie del centrosinistra, rispondendo a una domanda ai microfoni di Radio24.

 

«Ma - precisa - non sarebbe certo per il timore di essere avvelenato. Dico solo che lo preparo io perche D’Alema una volta ha detto una frase che mi ha molto colpito», ha proseguito Renzi, riferendosi a quando D’Alema, presidente del Copasir, raccomandò attenzione al sindaco “rottamatore” dicendo che altrimenti si sarebbe «fatto male». Per il sindaco sarebbe dunque soltanto un «atto di rispetto per l’anzianità».

Alla domanda su un secondo caffè con Rosy Bindi, Renzi ha detto di non voler esagerare: «L’ho già preso con D’alema, poi con due caffè divento nervoso».

 

Ai microfoni di Radio 24 Renzi ha poi respinto con fermezza l’ipotesi di diventare ministro in un ipotetico governo guidato da Bersani. “Lo escludo nel modo più assoluto. E se vincessi le primarie e poi le elezioni non chiamerei il segretario del Pd nel mio esecutivo”. ’”Ho stima di Bersani - ha aggiunto - ma combatto una battaglia leale di rinnovamento perchè penso che quelli che ci hanno portato in questa situazione non possono essere quelli che ci tirano fuori dal caos in cui siamo. Nel caso in cui io perda le primarie non voglio essere come tutti gli altri: alle primarie del centrosinistra chi ha perso negli ultimi sette anni ha chiesto sempre un premio di consolazione, se perdo la battaglia io non vado in Parlamento, non faccio il ministro. E vorrei lo stesso atteggiamento da parte degli altri’’.

 

“No” secco anche all’ipotesi di diventare segretario del Pd, dopo l’annuncio dato ieri dal segretario in carica. «Ci sono persone molto più brave di me per farlo, credo di essere quello meno adatto. Non è nelle mie corde». Secondo Renzi, peraltro, bisogna «capire cosa è il Pd oggi e cosa erano i partiti» di una volta: «Io parto - ha spiegato - dal presupposto di una politica all’americana dove il cittadino si vota il suo leader, e allora non c’è bisogno di fumosi tavoli di coalizione dove si dà la linea». Il sindaco di Firenze ha detto di sognare «un governo dove il leader non deve chiamare il segretario del partito per sapere cosa fare: quando l’Italia arriverà a quel livello allora sarà un Paese come tutti gli altri».

 

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