Renzi lancia Zingaretti "Meglio lui di Bersani"

Come tutti i sodalizi di ferro, quello tra Matteo Renzi e Nicola Zingaretti è nato in osteria, in questo caso di fronte a una fiorentina con l’osso. Ma come spesso capita l’idillio è sbocciato dopo uno scontro all’arma bianca: un duello in piena regola dopo le regionali, quando il centrosinistra perse di misura con Emma Bonino nel Lazio e Renzi accusò dalle colonne del Corriere Zingaretti di non aver avuto il coraggio di candidarsi. Il presidente della Provincia di Roma gli rispose che la politica non significa salire al volo sul treno più bello e il sipario si chiuse lì. Un mese dopo, lontano dai riflettori, i due si videro a Firenze, ma solo ora si comincia a vedere il risultato di quel pranzo di fine giugno tra due personaggi dai caratteri opposti, ma complementari: uno fumantino e incline alla battuta da toscanaccio irriverente, l’altro pacato, istituzionale e fin troppo prudente.
Alla vigilia della Direzione Pd più delicata degli ultimi mesi, Renzi getta un sasso nello stagno mentre presenta il libro di Vespa a Firenze: «Io mi candido a guidare la nuova fase del Pd da subito e insieme ad altri ma con il ruolo istituzionale di sindaco». E questo per far vedere che lui non intende candidarsi alle primarie se mai dovessero svolgersi nel 2011, perché sarebbe una partita troppo ravvicinata. Ma anche se lo stesso varrebbe per Zingaretti, che rifiutò di scendere in campo contro la Polverini perché non si può abbandonare un mandato un anno dopo esser stato votato, ugualmente Renzi gli regala una «carezza» ben accetta: «Riusciremo a individuare un leader all’interno della nuova generazione, ma per come è la sinistra, uno a cui non lo faranno mai fare sono io, ma non c’è dubbio che Nicola Zingaretti stia studiando da leader. Ed ha delle caratteristiche di mediazione più forti delle mie, mette d’accordo D’Alema e Travaglio». E in ogni caso, ecco la stoccata a Bersani, «quando va giù Berlusconi o si cambia o si perde». E tanto per esser ancora più chiaro, «lo scenario Berlusconi-Bersani non è riproponibile». E se è vero che in questi mesi Zingaretti non ha mai speso una parola contro il «rottamatore» e che i due ormai ogni giorno si parlano via sms, dietro questo scambio di amorosi sensi c’è un patto generazionale, benedetto non a caso dai leader della minoranza di Modem: non è un mistero che Fioroni non veda male la crescita di quello che considera un suo «pupillo», cioè Renzi; così come è nota la stima che nutre Veltroni per Zingaretti. Il quale, pur apprezzando la sortita del suo nuovo sodale, si guarda bene dall’accreditare qualsiasi voglia di scendere in campo, mantenendo un profilo basso ed evitando accuratamente ogni invito di uscire allo scoperto con interviste e apparizioni in tv per parlare del Pd. Ben sapendo di dover salire ancora un gradino prima di poter aspirare al trono più alto.
E se a detta di Vespa l’opa sul Pd ha più chances di vincerla Renzi di Vendola, quest’ultimo ora indica pure quale sarebbe il suo sfidante preferito: Sergio Chiamparino, avversario perfetto perché incarna un’idea di sinistra alternativa alla sua. In tutto ciò Bersani si troverà a fronteggiare oggi una Direzione tormentata dal caso Fiat, con i veltroniani che gli chiedono un «mea culpa» dopo le chiusure di Fini e Casini su eventuali alleanze e gli ulivisti di Parisi sulle barricate per difendere le primarie. Sostenuti, guarda caso, dai rottamatori di Renzi che oggi dirà la sua su questo e altro.
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