Le regioni non vogliono centrali nucleari

Dalla Rassegna stampa

La costruzione di nuove centrali nucleari in Italia, sospesa dopo il referendum del 1987, doveva essere una formalità per il governo guidato da Silvio Berlusconi. Invece il presidente del consiglio ha scelto prudentemente di aspettare: gli otto siti scelti per ospitare le centrali saranno comunicati dopo le elezioni regionali dei 28 e 29 marzo 2010, in cui saranno eletti tredici nuovi governatori. Inoltre, ha assicurato che gli abitanti e i comuni interessati avranno in cambio dei vantaggi finanziari.
Ma il tema del nucleare si è imposto lo stesso nella campagna elettorale. E l'incertezza su dove saranno costruite le nuove centrali - le prime quattro potrebbero entrare in attività nel 2020 - non è durata a lungo. L'Italia, attraversata dagli Appennini e a rischio di terremoti, non offre molte possibilità. Nel 1979 il Comitato nazionale per l'energia nucleare (Cnen) aveva identificato
45 comuni, concentrati lungo le rive del Po e sulle coste, compatibili dal punto di vista sismico, idrologico e demografico con la costruzione di una centrale atomica. Trent'anni dopo quella lista è ancora valida.
Il centrosinistra, che inpassato era diviso sulla questione, oggi si batte contro il ritorno all'atomo. Nel centrodestra, invece, ci sono posizioni contraddittorie. Molti candidati dicono di non volere impianti nucleari nelle loro regioni, anche se fino a poco tempo fa alcuni di loro erano favorevoli. Dalla Lombardia alla Puglia è lo stesso ritornello: i governatori non vogliono assistere
all'installazione di nuove centrali finché saranno in carica. Secondo un sondaggio dell'istituto Swg, nel 1991 solo il 35 per cento degli italiani era favorevole all'energia atomica, mentre nel 2009 la percentuale è cresciuta fino a raggiungere il 53 per cento. Questo aumento, tuttavia, non garantisce il successo elettorale ai candidati che faranno leva sul ritorno al nucleare.

Contestazione inutile
L'esempio più illuminante è quello del ministro dell'agricoltura, Luca Zaia. È il candidato della Lega nord come governatore del Veneto ed è il favorito in vista delle prossime elezioni. Secondo Zaia, il Veneto - dove il Cnen ha identificato quattro siti possibili - ha già dato molto al fabbisogno energetico nazionale. È diventato autosufficiente.
E così Zaia, che da ministro si è detto favorevole al nucleare, spiega che la sua regione è "fortemente antropizzata" e dove non lo è "conserva aree di grande valoreambientale e naturalistico".
Il rifiuto delle regioni governate dal centrosinistra è ancora più netto. Puglia, Campania e Basilicata hanno votato delle leggi per impedire il ritorno dei nucleare. "La sinistra fa dell'ideologia", taglia corto un collaboratore di Zaia, "la Lega nord ha dimostrato che quando decide di fare qualcosa la fa. Ma in Veneto ci sono impedimenti importanti alla costruzione di nuove centrali".
Facendo leva sulla difesa dell'identità del territorio, la Lega nord è diventata portatrice di una forma di sensibilità ecologica che piace ai suoi simpatizzanti. Il deputato leghista Giovanni Fava riconosce che "i militanti non sono tutti convinti della necessità del ritorno al nucleare". E per mettere fine alla loro riluttanza, propone un'altra argomentazione. "L`Italia", spiega, "è troppo dipendente dal punto di vista energetico da paesi retti da regimi non democratici. Solo l'energia atomica ci libererà da queste relazioni diplomatiche compromettenti".

L'energia nel Lazio
Anche nel Lazio le probabilità che sia costruita una centrale sono alte. L'ex commissario europeo Emma Bonino, candidata alla presidenza della regione, si è sempre detta contraria al nucleare. L`11 febbraio 2010 è stata seguita dalla sua avversaria di centrodestra, Renata Polverini. Secondo Polverini, il Lazio è "autosufficiente da un punto di vista energetico" e non intende contribuire all'approvvigionamento del resto del paese.
La linea dei candidati, però, è solo una scelta propagandistica. Le regioni italiane hanno ampie competenze, in particolare nel settore dell'energia, ma il governo ha in mano gli strumenti per sfidare le loro resistenze. La legge stabilisce infatti che lo stato può dichiarare i siti nucleari "zone d'interesse strategico", come aveva fatto per l'area destinata ad accogliere l'inceneritore di rifiuti ad Acerra. Questa procedura rende inutile ogni tipo di opposizione. Secondo Legambiente, "le contraddizioni della destra sono il segno della sua incoerenza". "La scelta del nucleare dell'Italia arriva troppo tardi", spiega Stefano Ciafani, direttore scientifico dell`associazione ambientalista. "I problemi delle scorie, dei costi e dei rischi sono ancora irrisolti. Nel 2030, quando le otto centrali di terza generazione saranno in attività, la tecnologia su cui sibasano sarà già superata".

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