Referendum, miracolo a Torino

A fine luglio sembravano tante 2500 firme. A fine settembre Torino (città e provincia) consegna a Roma fra le 45mila e le 50mila sottoscrizioni, metà delle quali raccolte dall'area ex Democratici e Pd. I referendari torinesi gongolano: «Se me l'avessero detto a fine luglio non so se ci avrei creduto», dice a Europa Davide Ricca, giovane imprenditore un tempo capogruppo dell'Asinello in consiglio provinciale, poi Margherita, poi un passaggio al Pd e poi basta. Insieme a Pino De Michele, già segretario provinciale dei Democratici, e a Diego Castagno, ex radicale passato al Pd, si è lanciato nell'avventura referendaria, riattivando in poche settimane una rete che si era nel tempo sfilacciata e coagulando attorno a sé una grande energia e «tanta gente che non ha mai fatto politica», ma che non ha esitato a buttarsi a capofitto in una partita a cui forse soltanto la proverbiale determinazione di Arturo Parisi poteva offrire qual- cosa di più di una chance. Come del resto è avvenuto anche altrove, ed è già uno dei risultati della battaglia referendaria.
L'avventura comincia quando a fine luglio Fausto Recchia chiama Ricca - «stavo partendo per le ferie» - per dire che il professore intende tirare dritto e per chiedergli di dare una mano. «Gli ho risposto di mandarmi moduli per 2.500 firme». La cifra pareva realistica. «Quando sono tornato c'erano i moduli nel mio ufficio. E aveva firmato Prodi». La firma dell'ex premier fa la differenza e, da Veltroni a Fassino passando per Errani, Franceschini e Bindi, porta con sé adesioni che a loro volta pesano. Grazie alla segretaria provinciale Paola Bragantini - che apre gli spazi dem al referendum prima del pronunciamento ufficiale del partito - il primo banchetto viene allestito alla festa del Pd al parco Ruffini, posizionato strategicamente all'ingresso. Il popolo democratico risponde allo stimolo: la prima sera si raccolgono più di duemila firme, dando fondo alla scorta di moduli. La raccolta decolla a ritmi di 200 sottoscrizioni al giorno, 600 nei week end. Poi arriva lo sciopero generale indetto dalla Cgil. «Volevamo esserci, ma eravamo senza schede». Allora De Maria, che sta rientrando dalle ferie, fa una deviazione a si ferma a Roma per prendere altri moduli che arrivano il 5 sera a banchetto del parco Ruffini. Un segretario comunale lavorerà tutta la notte per vidimarli. E il giorno dopo, in piazza Castello, l'imprenditore Ricca si piazza con il suo tavolo da campeggio a fianco dei sindacalisti duri e puri che circondano il palco. E con i suoi raccoglie in poche ore 1200 firme in poche ore.
Fra goliardia e impegno, a metà settembre il gruppetto si inventa la "notte bianca del porco" nei luoghi della movida torinese e i "No Porcellum days", tre giorni di raccolta straordinaria. Il Pd aderisce e si mette a raccogliere le firme nelle circoscrizioni e nei mercati, dando un con- tributo importante per arrivare alle 25mila sottoscrizioni certificate che la parte non Idv e Sel del comitato referendario torinese ha inviato a Roma. L'ultima tranche di 4mila firme la porta fisicamente oggi Ricca a Santi Apostoli. Perché per le spedizioni non c'è più tempo, ma sabato sono state raccolte tantissime firme che devono arrivare a Roma per avvicinarsi il più possibile a quella soglia di 700mila che toglie ai referendari ogni ansia.
«La campagna referendaria - nota Ricca - ha mosso passione e partecipazione. In questo ultimo mese abbiamo raggruppato tanti volontari che ci hanno aiutati nei turni. Persone lontane dalla politica, come quelle quattro signore che sono venute per firmare e si sono messe a raccogliere le firme».
In poco più di un mese la mobilitazione ha prodotto relazioni, impegno, partecipazione: «Forse ora dobbiamo chiederci che cosa ne facciamo di questo patrimonio». Intanto, però, si festeggiano le supercifre portate a casa in un pugno di settimane.
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