Raul contro Usa e Ue: "Ricattatori"

In spagnolo, in arabo, in tedesco, in francese, in inglese, in portoghese, in italiano: la risposta di Raúl Castro alle pressioni internazionali per il rispetto dei diritti umani nelle carceri di Cuba è riprodotta in sette lingue dall’organo del comitato centrale del partito comunista dell’isola, il quotidiano Granma. Perché il “nemico” non possa dire di non aver capito il messaggio forte e chiaro: «Preferiamo scomparire piuttosto che sottometterci - avverte il presidente in carica e fratello di Fidel Castro -. Non cederemo mai al ricatto di nessun Paese o gruppo di nazioni, per quanto potenti».
All’Avana, la chiusura dei IX Congresso dell’Unione dei giovani comunisti offre al regime l’occasione per rispolverare lo spirito bellicoso dei tempi eroici della rivoluzione contro l’imperialismo yankee e i reazionari europei: «Più di mezzo secolo di combattimento permanente ha insegnato al nostro popolo che vacillare è sinonimo di sconfitta». Per il giornalista Guillermo Farinas, che ha iniziato il 24 febbraio uno sciopero della fame e della sete per ottenere la scarcerazione di 26 detenuti politici malati, il lungo discorso di Raul Castro suona come campane a morto: «Si sta facendo il possibile per salvargli la vita - assicura inflessibile il capo del governo, senza citarlo -, ma se insisterà nel suo comportamento autodistruttivo sarà responsabile, assieme ai suoi sostenitori, della sua fine. Che neppure noi desideriamo».
Non serviranno le condanne internazionali, seguite alla morte di Orlando Zapata, prigioniero «comune» per le autorità cubane e «politico» per l’opposizione, stroncato da 85 giorni di identica protesta, condotta dietro le sbarre fino alle estreme conseguenze. Non servirà neppure l’eventuale intervento della Commissione Interamericana dei diritti umani, il tribunale internazionale cui si è rivolto direttamente Farinas, perché condanni le violazioni commesse dall’«illegittimo regime cubano».
Per Castro, tutto fa parte di un nuovo complotto antirivoluzionario, «una gigantesca campagna di discredito contro Cuba, diretta e finanziata dai centri del potere imperiale negli Stati Uniti e in Europa, dietro al paravento ipocrita dei diritti umani».
La controffensiva annunciata dal governo sarà quella sempre utilizzata con successo nell’ultimo mezzo secolo: arroccarsi e resistere. Certamente più a lungo di quanto potrà sopravvivere il dissidente, ricoverato dall’ 11 marzo nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale di Santa Clara. E determinato a non ingerire un solo boccone. Il suo deterioramento fisico, come l’indignazione del mondo, non tolgono il sonno al generale-presidente che, a 78 anni, riassapora i memorabili trionfi della guerra fredda contro il colosso americano, la disfatta della superpotenza nella baia dei Porci, la determinazione dimostrata di fronte a John Kennedy, durante la «crisi dei missili» nel 1962, e cerca di trasmettere lo stesso entusiasmo ai compatrioti più giovani. E già meno palpitanti per gli spartani ideali marxisti.
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