Ratzinger in lacrime risponde alla vittime: "Non so perchè è successo"

«Perché ci hanno fatto questo?». Joseph Magro arriva davanti a Benedetto XVI e la voce gli trema ancor più delle gambe. Riesce a fare l’unica domanda possibile per chi ha passato’ quello che ha passato lui. L’unica davvero per chi da bambino è rimasto orfano e poi ha subito violenze terribili dai preti che si dovevano prendere cura di lui. «Perché ci hanno fatto questo?»
Adesso Joseph ha 38 anni, si è messo la giacca grigia, la cravatta nera, le scarpe lucide. Ma le gambe gli tremano proprio come trent’anni fa, nell’orfanotrofio di Santa Venera. Davanti a lui, nella cappella della Nunziatura di Rabat, il Papa si commuove. Le lacrime gli scendono lungo le guance. E passano alcuni secondi prima che riesca a rispondere: «Non lo so... non lo so perché vi hanno fatto questo. E’ un orrore
troppo grande, forse troppo grande anche per Dio».
L’incontro è appena finito. Pochi minuti fa Joseph è sceso dal pulmino qui, davanti alla residenza del vescovo. E adesso bacia il rosario d’argento che gli ha regalato il Papa. Vicino a lui c’è Lawrence Grech, 37 anni, il primo a uscire allo scoperto tra le vittime delle presunte violenze nell’orfanotrofio di Malta. Lui il rosario lo tiene in tasca, insieme a un mucchio di fazzoletti di carta ancora zuppi di lacrime. Cosa ti ha detto il Papa, Lawrence? «Una cosa da non crederci, che è orgoglioso di me». Era stato proprio lui, pochi giorni fa, a minacciare una protesta clamorosa se Benedetto XVI non lo avesse ricevuto insieme ai suoi compagni. Perché orgoglioso? «Mi ha detto che non era facile fare quello che ho fatto, che non era semplice parlare di un orrore così grande e vincere le tante resistenze che ci sono». Ma anche Lawrence è orgoglioso del Papa: «Ha messo la sua faccia in una storia in cui non c’entrava niente. No, non ci ha chiesto scusa. Perché dovrebbe? Lui non ha colpe, anzi è stato coraggioso». Poi pure lui si commuove: «Finalmente posso andare dalle mie figlie e dire che ho ritrovato la fede».
Delle otto vittime di pedofilia ricevute dal Papa, qui davanti ce ne sono sei. Finalmente riescono a sorridere. La conferma dell’incontro l’hanno avuta soltanto alle 10 del mattino. Dopo quella telefonata hanno raggiunto la nunziatura e li hanno aspettato che Benedetto XVI tornasse dalla Messa in piazza. «Con lui racconta Philip Cauchi - abbiamo pregato tutti insieme per 25 minuti. Poi il Papa ha voluto sentire le nostre storie. In privato, sei minuti ciascuno». E a te cosa ha detto, Leonard? «Che oggi i tempi sono cambiati. Che lui e tutta la Chiesa ci vogliono sostenere per ritrovare la gioia di vivere. Mi ha promesso che pregherà per noi e io mi sento in paradiso». Lui la fede non l’aveva persa, tutte le domeniche a messa con la famiglia: «Dalla Chiesa si sono allontanati tutti gli amici che sapevano della mia storia. Io non avevo più fiducia nei preti e negli uomini. Adesso, piano, piano, la sto trovando di nuovo». Con il Papa non hanno parlato del processo davanti al tribunale ordinario, fermo ormai da sette anni tra rinvii e cavilli. «La Chiesa ha fatto quello che doveva fare - dice Emanuel - adesso speriamo che la giustizia faccia lo stesso».
Incontreresti anche i preti che avete accusato di pedofilia? «No, loro li voglio veder solo in tribunale. E spero che non muoiano prima della sentenza definitiva. Sarebbe una beffa».
Adesso Joseph ha 38 anni, si è messo la giacca grigia, la cravatta nera, le scarpe lucide. Ma le gambe gli tremano proprio come trent’anni fa, nell’orfanotrofio di Santa Venera. Davanti a lui, nella cappella della Nunziatura di Rabat, il Papa si commuove. Le lacrime gli scendono lungo le guance. E passano alcuni secondi prima che riesca a rispondere: «Non lo so... non lo so perché vi hanno fatto questo. E’ un orrore
troppo grande, forse troppo grande anche per Dio».
L’incontro è appena finito. Pochi minuti fa Joseph è sceso dal pulmino qui, davanti alla residenza del vescovo. E adesso bacia il rosario d’argento che gli ha regalato il Papa. Vicino a lui c’è Lawrence Grech, 37 anni, il primo a uscire allo scoperto tra le vittime delle presunte violenze nell’orfanotrofio di Malta. Lui il rosario lo tiene in tasca, insieme a un mucchio di fazzoletti di carta ancora zuppi di lacrime. Cosa ti ha detto il Papa, Lawrence? «Una cosa da non crederci, che è orgoglioso di me». Era stato proprio lui, pochi giorni fa, a minacciare una protesta clamorosa se Benedetto XVI non lo avesse ricevuto insieme ai suoi compagni. Perché orgoglioso? «Mi ha detto che non era facile fare quello che ho fatto, che non era semplice parlare di un orrore così grande e vincere le tante resistenze che ci sono». Ma anche Lawrence è orgoglioso del Papa: «Ha messo la sua faccia in una storia in cui non c’entrava niente. No, non ci ha chiesto scusa. Perché dovrebbe? Lui non ha colpe, anzi è stato coraggioso». Poi pure lui si commuove: «Finalmente posso andare dalle mie figlie e dire che ho ritrovato la fede».
Delle otto vittime di pedofilia ricevute dal Papa, qui davanti ce ne sono sei. Finalmente riescono a sorridere. La conferma dell’incontro l’hanno avuta soltanto alle 10 del mattino. Dopo quella telefonata hanno raggiunto la nunziatura e li hanno aspettato che Benedetto XVI tornasse dalla Messa in piazza. «Con lui racconta Philip Cauchi - abbiamo pregato tutti insieme per 25 minuti. Poi il Papa ha voluto sentire le nostre storie. In privato, sei minuti ciascuno». E a te cosa ha detto, Leonard? «Che oggi i tempi sono cambiati. Che lui e tutta la Chiesa ci vogliono sostenere per ritrovare la gioia di vivere. Mi ha promesso che pregherà per noi e io mi sento in paradiso». Lui la fede non l’aveva persa, tutte le domeniche a messa con la famiglia: «Dalla Chiesa si sono allontanati tutti gli amici che sapevano della mia storia. Io non avevo più fiducia nei preti e negli uomini. Adesso, piano, piano, la sto trovando di nuovo». Con il Papa non hanno parlato del processo davanti al tribunale ordinario, fermo ormai da sette anni tra rinvii e cavilli. «La Chiesa ha fatto quello che doveva fare - dice Emanuel - adesso speriamo che la giustizia faccia lo stesso».
Incontreresti anche i preti che avete accusato di pedofilia? «No, loro li voglio veder solo in tribunale. E spero che non muoiano prima della sentenza definitiva. Sarebbe una beffa».
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