Rating alla siciliana

Non bastasse il fronte Nord, ecco aprirsi quello a Sud. Il "percorso di guerra" del premier Mario Monti da Bruxelles (e da Berlino, dove la Cancelliera tedesca Angela Merkel ha detto di «non sapere se il progetto europeo funzionerà») si allunga a Palermo.
Qui la Regione Sicilia, che l'Europa la vive da lontanissimo sotto l'ombrello dello Statuto speciale che le assicura dal 1946 l'autonomia politica e amministrativa, galleggia in un mare di problemi.
E di debiti, emersi e sommersi, diretti e indiretti, con un possibile totale pari a 21 miliardi. Il vicepresidente di Confindustria, l'imprenditore siciliano Ivan Lo Bello, ha usato parole forti parlando di rischio "default" e di Sicilia "come una Grecia" per l'Italia. Il Presidente del Consiglio ha chiesto al Governatore Raffaele Lombardo (che nega ogni ipotesi di default) un chiarimento sulle sue prospettate dimissioni. E che la situazione debba essere approfondita, al di là di un problema di liquidità risolto con un trasferimento di 400 milioni già programmato, lo dimostra l'incontro "improvviso e urgente" svoltosi ieri tra lo stesso Monti ed il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel quale si sarebbe affrontato anche il problema siciliano.
Ci sono opinioni diverse sulla possibilità di un commissariamento di una Regione a statuto speciale, ipotesi che Lombardo giudica un "colpo di stato". Ma che un certo modello a metà strada tra rivendicazionismo insulare e rampante assistenzialismo sia comunque arrivato a fine corsa è un dato che nessuno può contestare. Semplicemente, in una condizione di emergenza sui mercati come quella che sta mettendo a dura prova l'Italia in Europa e nel mondo, non è possibile mantenere "zone franche" impermeabili a criteri di rigorosa gestione politica ed amministrativa.
Il rischio del contagio non va sottovalutato. Un crac a Palermo può abbattersi su Roma e da qui aggiungere nuovi motivi di fibrillazione sui mercati. Per non dire del contraccolpo politico in Europa. Già l'Italia fatica, in termini di spread, a far capire che i "compiti" li sta facendo e che i fondamentali della sua economia non giustificano i pessimi voti in pagella. Immaginiamoci cosa potrebbe accadere – tra un ditino alzato dell'Olanda, un pollice verso della Finlandia ed una reprimenda (giustificata) della Germania – se un caso-Sicilia facesse irruzione a Bruxelles. Tanto più considerando che nei media anglosassoni aleggia tuttora l'idea, scolpita in una celebre copertina del settimanale inglese "The Economist" due anni fa, di un pezzo d'Italia, da Roma in giù, che si allea con la Grecia mentre il Nord e parte del Centro va con Francia e Germania.
Un frammento visivo della teoria incombente del doppio euro.
Sostiene il governatore della Sicilia Lombardo che è in corso una campagna diffamatoria, che i numeri della Regione Sicilia sono certificati della Corte dei Conti, che i conti siciliani sono classificati "baa2" come i comuni di Milano e Venezia. Ma proprio la relazione della magistratura contabile per il 2011 presentata meno di un mese fa, il 29 giugno, conferma molte preoccupazioni. In un quadro "allarmante" dove "tutti o quasi i saldi di bilancio presentano valori negativi", il debito regionale è in "continua crescita". Il debito-procapite dai 438 euro del 2007 ha raggiunto quota 1.050 euro. Non sono state affrontate "alle radici le vere ragioni degli squilibri contabili regionali".
Il personale di ruolo della Regione è cresciuto in un solo anno di un terzo a 17.218 unità (di cui 1.836 dirigenti a tempo indeterminato, e diventano oltre 20mila se si considerano tutte le unità che a vario titolo fanno capo alla Regione, costo totale più di un miliardo). Il personale delle società partecipate è pari a 7.291 unità. I permessi sindacali per dipendente ammmontano a 775 minuti e 50 secondi, annota puntigliosa la Corte dei Conti, rispetto ad una quota nazionale pari a 76 minuti e 30 secondi. E che dire, per esempio, dei sette "Uffici speciali"? "Motivazioni alquanto generiche", "duplicazioni di funzioni già attribuite" come nel caso dell'Ufficio "Energy manager" che individua le azioni per promuovere l'uso razionale dell'energia da parte della Regione in sovrapposizione con il Servizio Pianificazione e programmazione energetica del Dipartimento per l'energia. E si potrebbe continuare.
Certo è che la questione-Sicilia va affrontata, da Roma a Palermo, con la decisione e la cura, anche politica, che merita. Dove anche le parole non possono essere scagliate come pietre. Dire, come ha fatto Lombardo (il quale ha poi smentito ogni riferimento ad Ivan Lo Bello) che "vadano a morire ammazzati" quelli che chiedono i tagli nei posti di lavoro pubblici alla Regione è una bestialità. Non c'è polemica o ragione che possa giustificarla.
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