Rasppresentanza politica

La crisi economica si salda con la crisi morale e con il completo sfaldamento della credibilità della politica. In queste condizioni, ogni singolo evento di corruzione, ogni chiusura di stabilimento industriale diventano emblemi di un declino inarrestabile, se non di segnali di pericolo per la nostra democrazia. Troppe infiltrazioni malavitose nella vita pubblica, troppa illegalità nei settori che dovrebbero essere simbolo della difesa delle regole. Se poi il Presidente del Consiglio continua a considerare le battaglie politiche come uno scontro tra “il bene ed il male” e a trasformare le prossime elezioni amministrative in un banco di prova di questo scontro, non è difficile immaginare come possa farsi strada nel Paese l’idea di una crisi epocale da cui nessuno sa bene come uscirne.
Come fare per rimettersi in carreggiata in un simile quadro di convulsioni politiche e giudiziarie? Come si può sperare di tornare ad avere una sfera pubblica credibile? La risposta va cercata nel paziente ripristino dei singoli pezzi del gioco democratico, a cominciare da quello fondamentale della rappresentanza politica dei cittadini. In questo senso un messaggio chiaro arriva dal Presidente della Repubblica che ha ribadito la necessità del pieno rispetto del ruolo del Parlamento. Il rispetto però va guadagnato. La vicenda del senatore Di Girolamo è solo l’ultimo esempio di un pessimo sistema di reclutamento della classe politica, impresentabile anche quando non è viziato da gravi reati come in questo caso.
Una rappresentanza politica non eletta ma nominata tende ad essere una rappresentanza corporativa, poco sensibile ai temi della legittimazione democratica e molto più attenta alla difesa corporativa dei propri privilegi. Forse non è un caso che, quando nell’ottobre del 2008 la Giunta per le autorizzazioni a procedere chiese ai senatori di annullare la nomina di Di Girolamo, accusato, oltre a molti altri reati, di associazione a delinquere, la risposta fu inizialmente dilatoria e poi negativa, in attesa di una sentenza passata in giudicato. Per questo l’urgenza del ripristino di una condizione di normalità democratica pretende che venga sciolto il nodo dell’attuale falsa rappresentanza parlamentare. Senza questa ovvia, banale riforma nessun sistema potrà funzionare perché la partecipazione democratica significa prima di ogni altra cosa assunzione di responsabilità da parte di tutte le componenti della sfera pubblica, a cominciare proprio dall’elettorato. In un’epoca di forte personalizzazione della vita politica risulta, quindi, alquanto bizzarro che gli elettori si esprimano esclusivamente attraverso una preferenza di appartenenza ideale, abdicando ad ogni loro diritto-dovere di vederla declinata concretamente da alcune persone preferite ad altre.
Il ripristino del meccanismo delle preferenze espresse nel segreto dell’urna è fondamentale ed urgente, non solo per l’evidente ragione che un sistema di rappresentanza non può prescindere dalla effettiva scelta da parte dei rappresentati dei propri rappresentanti, ma anche perché i cittadini devono tornare ad assumersi le loro responsabilità senza sfuggirle, scaricando le colpe di tutto ciò che non funziona nella sfera pubblica sul generico capro espiatorio della “politica”, culla e sede di ogni nefandezza. A quel punto la tradizionale e populistica accusa del “è tutto un magna magna” potrà anche diventare una giusta lamentela, a patto di ricordarsi però che ad imbandire la tavola siamo stati proprio noi.
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