I Radicali in Regione Lazio sono un fuoco di paglia

Grande rilievo ha avuto la candidatura di Emma Bonino alla presidenza del Lazio. Da un lato essa denuncia le difficoltà in cui si dibattono i democratici, incapaci (non solo nel Lazio, a loro disdoro) di schierare un proprio candidato che sia capace di trovare ampie adesioni fra gli altri partiti. Correttamente, quindi, i radicali si sono inseriti nelle incapacità di agire del Pd per trovare uno spazio e soprattutto una visibilità per sé. Da un altro lato, pero, sarebbe opportuno chiedersi se i radicali siano in grado, sia nel Lazio sia, e soprattutto, in tutte le altre regioni nelle quali hanno annunciato la propria presenza, di trovare le firme necessarie per le liste, posto che non dispongono più di propri gruppi né all`Europarlamento né alle Camere. Ancor più in profondità, bisognerebbe domandarsi quanti seggi possano concretamente spuntare i radicali, ove facciano campagna solitaria. Infatti, finora sì sono espressi (nel corso delle riunioni dei loro organi dirigenti che, a differenza degli altri partiti, vengono rese pubbliche su internet) rilevando le enormi difficoltà incontrate nel reperire futuri sottoscrittori («prefirme», le hanno definite). Non solo, non hanno avuto alcun successo gli inviti rivolti a verdi e socialisti per liste unitarie. Insomma, poiché i voti radicali da anni stanno sotto il 3% nazionale, e poiché al momento (ma le prossime settimane molti sodali, le annunciate liste e candidature sono tutte di mera testimonianza, i maligni direbbero allo sbaraglio. Altro sarebbe ove il Pd decidesse di passare a trattative per collegamenti ufficiali: in tal caso vi sono regioni, come il Piemonte e la Lombardia, ove già in passato i radicali ottennero seggi, nonostante la loro nota ritrosia a presentarsi in competizioni non politiche, per la minor reattività dei loro elettori tradizionali. Identico problema dei radicali, ma con abbondanti ed espressi desideri di legarsi ai democratici per lucrare seggi e, successivamente, assessorati e potere, hanno almeno mezza dozzina di formazioni schierate a cannibalizzarsi sulla sinistra, oltre al più consistente partito di Antonio Di Pietro. Fino ad oggi solo i due tronconi comunisti si sono uniti con altri frammenti. Gli altri navigano a vista. Il tempo, però, stringe, pur se a ingarbugliare la vicenda sono i giochetti pazienti, ambigui, abilissimi dei centristi, i quali sanno dì potere tanto più ottenere quanto più tirano la corsa, quanto più, cioè, esasperano i potenziali alleati, non importa di qual colore. Il sogno di molti, inespresso, sarebbe di tornare a un`alleanza come fu l`Unione: tutti dentro, contro Berlusconi. Ma sembra restare un sogno.
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