Radicali (liberi) alla riscossa

Dalla Rassegna stampa

E’ certo quanto ovvio: più il Pd perde pezzi, più i partiti intorno al Pd che raccolgono i pezzi persi dai democratici si rafforzano. Non solo, ma radicalizzando il Pd il suo carattere di partito di sinistra old style, concentra le sue emorragie interne alla sua destra, verso quel centro che, una volta perso, sarà impossibile recuperare per chicchessia. E l`asse privilegiato con l`Udc? D`Alema e Bersani sembrano ancora convinti di persuadere Casini a stare con Di Pietro, Vendola e Ferrero, nonostante non esista possibilità di un programma comune e nonostante Casini si sia detto ampiamente indisponibile a mettersi a capo di un nuovo circo Barnum dopo i nefandi fasti dell`Unione. Chi, invece, come i radicali di Pannella e Bonino, aveva un ruolo da protagonista nel circo Barnum prodiano, ha subito fiutato l`aria e si è messo a giocare al rialzo. I radicali vivono così la loro stagione "cespuglista", entrando nella tipica ottica rivendicazionista dei piccoli partiti che ieri si accalcavano intorno alla Quercia diessina e oggi si preparano a tenere ostaggio il Pd bersaniano. Ieri Mastella, oggi Pannella? Difficile crederlo, ma pare proprio così. Con l`ipotesi caldeggiata in Campania da Bassolino di cedere all`Udc la leadership della coalizione per le regionali e l`investimento sulla Bonino, il Pd di fatto rinuncia a giocare da protagonista la prossima tornata elettorale nella seconda (Campania) e nella terza (Lazio) regione d`Italia mentre nella prima (Lombardia), nella quarta (Sicilia) e nella quinta (Veneto) ha deciso da tempo immemore di non giocarsela nemmeno e mandare in campo la primavera. In metà paese così il Pd marca visita. Ma mentre la strategia del Pd è di difficile comprensione, più semplice appare quella dei radicali, che si sono affrettati a ritirare alla Camera gli emendamenti che forzavano la mano su testamento biologico ed eutanasia, senza rinunciare ieri a manifestare sotto la commissione di vigilanza Rai contro elezioni regionali che considerano già illegali. La falsariga di quello che faceva Rifondazione ai tempi del secondo esecutivo Prodi, quando la mattina, in Consiglio dei Ministri, teneva un profilo basso sulle risoluzioni più complesse e la sera, in piazza, andava a manifestare contro il governo di cui era parte. I radicali, che alle ultime elezioni laziali neppure si sono presentati, nel 2000 candidarono presidente l`attuale deputata Bernardini, riscuotendo il 2,17% pari alla bellezza di 53mila voti. Era l`anno successivo alla campagna per le europee Emma for President, con la Bonino candidata alla presidenza del Piemonte (perché la Bonino è piemontese) a totalizzare un più ragguardevole 4,46%. Alle politiche del 2001 i radicali passarono da 53 a 62mila voti nel Lazio (1,97%) e a quelle del 2006 arrivarono con la Rosa nel Pugno, dunque insieme ai socialisti di Boselli, a 94.665 preferenze, pari al 2,85% (sono voti relativi al Senato, poiché il Lazio conta due collegi camerali). I radicali sono, insomma, una minoranza rumorosa, ma sempre una piccola minoranza. La delega ricevuta per la testa di lista è un atto di debolezza che spiega, meglio di ogni altro dato, la debolezza politica del Pd in questa fase. E tuttavia, anche guardando all`attualità dal punto di vista radicale, dà un po` da pensare questo passaggio da quella vocazione maggioritaria che i radicali per primi, nella lunga e felice stagione referendaria, hanno dimostrato di rappresentare e l`odierna vocazione rivendicazionista. Ma i tempi, si sa, cambiano e i leader, anche i grandi leader, invecchiano.

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