I Radicali insistono "Voto da spostare". Ma ora la Bonino esclude il ritiro

«Rumina, rifletti», conclude Marco Pannella con un sorriso beffardo. «Ah, se avessi saputo venti o trent'anni fa che avrei avuto una mezz'ora di Pannella tutta per me...» replica, ridendo, l'ospite Pier Luigi Bersani.
Il monologo pannelliano in realtà dura quasi un'ora, una vertigine di citazioni e autocitazioni, senza neanche l'argine di Massimo Bordin, con i nomi di Rossi, Terracini, Spinelli e Pannunzio. Si abbracciano i due leader, al teatro Santa Chiara. Tanto affetto e cordialità, ma idee opposte: i radicali chiedono il rinvio delle elezioni, denunciano l'illegalità del sistema e si ripiegano sulle regole. Il Pd modello Bersani vuole «andare avanti», lasciare «la palla del pasticcio tutta di là» e presentarsi subito davanti al popolo.
La giornata dell'orgoglio radicale comincia con Marco Cappato: «Dov`erano Grillo e Di Pietro quando facevamo la battaglia sui diritti? Il punto non è lucrare un vantaggio elettorale al Pdl». Pannella, mentre sullo sfondo sfila in poncho e cappello il mago Otelma (candidato in Strategie oste Liguria), conferma: «Il popolo sembra preferire lo zozzone a chi lo denuncia. Ma io non voglio fare solo la battaglia contro quel cattivone di Berlusconi».
Con il Pd il feeling è tornato, ma Pannella non dimentica: «L'ottusità e la scemenza dei mesi di gestione del Pd di Franceschini sono inenarrabili». Così, al suo arrivo, Bersani è costretto a
una difesa d'ufficio, un po' ironica: «Ringrazio per gli applausi, ma a me francamente Franceschini non mi sembra così male».
Prima interviene la Bonino, che esclude un suo ritiro: «Denunciamo la violazione sistematica di una normativa irragionevole e l'illegalità della Rai. Alcune liste sono state escluse: almeno 40o mila elettori. Visto il livello di impazzimento, non è più serio azzerare tutto?». No, risponde Bersani, dopo una lunga prolusione per addolcire la platea: «Ci capiamo meglio ora: possiamo avere opinioni diverse ma su un terreno comune». Bersani è impaziente, non si continui a parlare solo di diritti: «Colleghiamo il tema democratico con quello sociale». C'è da temere una reazione di «spaesamento», di «ripulsa»: «Mi impegno a cambiare i meccanismi, ma il rinvio no: siamo in era di federalismo e poi dopo due nanosecondi il tema diventerebbe il rinvio nel Lazio. Dunque andiamo dal popolo». E se fanno ricorso, domandano dal pubblico (che rumoreggia): «Siamo sicuri delle nostre ragioni giuridiche? E allora avanti».
La replica di Pannella prende una via centrifuga. Solo nel finale, mentre una Bonino infastidita va nel retro a fumarsi una sigaretta, si concentra sul punto: «Dobbiamo vincere convincendo e non da padroni».
All'uscita un dimagrito Goffredo Bettini (passato da 175 a 25o chili in pochi mesi) saluta così Pannella, congratulandosi: «Guarda che Franceschini alle Europee non ha messo in lista neanche me».
Il monologo pannelliano in realtà dura quasi un'ora, una vertigine di citazioni e autocitazioni, senza neanche l'argine di Massimo Bordin, con i nomi di Rossi, Terracini, Spinelli e Pannunzio. Si abbracciano i due leader, al teatro Santa Chiara. Tanto affetto e cordialità, ma idee opposte: i radicali chiedono il rinvio delle elezioni, denunciano l'illegalità del sistema e si ripiegano sulle regole. Il Pd modello Bersani vuole «andare avanti», lasciare «la palla del pasticcio tutta di là» e presentarsi subito davanti al popolo.
La giornata dell'orgoglio radicale comincia con Marco Cappato: «Dov`erano Grillo e Di Pietro quando facevamo la battaglia sui diritti? Il punto non è lucrare un vantaggio elettorale al Pdl». Pannella, mentre sullo sfondo sfila in poncho e cappello il mago Otelma (candidato in Strategie oste Liguria), conferma: «Il popolo sembra preferire lo zozzone a chi lo denuncia. Ma io non voglio fare solo la battaglia contro quel cattivone di Berlusconi».
Con il Pd il feeling è tornato, ma Pannella non dimentica: «L'ottusità e la scemenza dei mesi di gestione del Pd di Franceschini sono inenarrabili». Così, al suo arrivo, Bersani è costretto a
una difesa d'ufficio, un po' ironica: «Ringrazio per gli applausi, ma a me francamente Franceschini non mi sembra così male».
Prima interviene la Bonino, che esclude un suo ritiro: «Denunciamo la violazione sistematica di una normativa irragionevole e l'illegalità della Rai. Alcune liste sono state escluse: almeno 40o mila elettori. Visto il livello di impazzimento, non è più serio azzerare tutto?». No, risponde Bersani, dopo una lunga prolusione per addolcire la platea: «Ci capiamo meglio ora: possiamo avere opinioni diverse ma su un terreno comune». Bersani è impaziente, non si continui a parlare solo di diritti: «Colleghiamo il tema democratico con quello sociale». C'è da temere una reazione di «spaesamento», di «ripulsa»: «Mi impegno a cambiare i meccanismi, ma il rinvio no: siamo in era di federalismo e poi dopo due nanosecondi il tema diventerebbe il rinvio nel Lazio. Dunque andiamo dal popolo». E se fanno ricorso, domandano dal pubblico (che rumoreggia): «Siamo sicuri delle nostre ragioni giuridiche? E allora avanti».
La replica di Pannella prende una via centrifuga. Solo nel finale, mentre una Bonino infastidita va nel retro a fumarsi una sigaretta, si concentra sul punto: «Dobbiamo vincere convincendo e non da padroni».
All'uscita un dimagrito Goffredo Bettini (passato da 175 a 25o chili in pochi mesi) saluta così Pannella, congratulandosi: «Guarda che Franceschini alle Europee non ha messo in lista neanche me».
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