Radicali furibondi: modello «Cosa nostra» delusi dai democratici

«Una riforma pasticciata», se non «una sceneggiata per lasciare tutto com'è e votare con il Porcellum». Rita Bernardini, che segue un po' scoraggiata gli emendamenti radicali alla Camera («qui è tutto inutile»), non apprezza minimamente l'intesa tra i tre leader sulla riforma elettorale. Tantomeno la piroetta del Partito democratico, «che sosteneva il sistema francese». E che l'aria in casa radicale sia di battaglia, lo conferma anche il segretario dei Radicali italiani Mario Staderini, che non esita a definire «modello Cosa nostra», l'accordo Pdl-Udc-Pd, «baratto di regime, disperato tentativo di perpetuare un regime partitocratico e di consegnarlo al furbo Casini, neanche fosse un nuovo De Gasperi». Il futuro dei radicali, penalizzati come i piccoli partiti dallo sbarramento previsto dalla riforma (sia pure mitigato dal diritto di tribuna), è tutto da definirsi. Anche se la Bernardini non esclude una resipiscenza operosa del Pd, che «si renda finalmente conto di quanto il nostro rapporto sia prezioso anche per loro» e che quindi ospiti ancora la pattuglia radicale tra le file dei democratici. E mentre Marco Pannella annuncia il rinvio al 25 aprile della «Seconda marcia per l'amnistia, la giustizia e la libertà», resta confermato invece l'appuntamento di domani, dalle 9.30 a Palazzo Santa Chiara a Roma, con la seconda sessione dell'assemblea annuale della «Lega per l'uninominale», presieduta proprio dal leader radicale (insieme al giurista Fulco Lanchester e ad Antonio Martino). Staderini contesta l'ennesimo «monstrum» democratico che sarebbe edificato con la riforma: «Una restaurazione proporzionale che punta sui partiti e che spero non sia condivisa dal presidente Napolitano. Non è pensabile tenere fuori dal dibattito i cittadini. Che, peraltro, si sono espressi tre volte con referendum in 20 anni: per questo chiedo che la Rai organizzi tribune in prima serata, dove si confrontino i diversi modelli di legge elettorale». La Bernardini spiega che i radicali sono da sempre per il modello anglosassone, con i collegi uninominali: «Ma anche il modello francese del doppio turno poteva essere un buon compromesso. L'ha votato con voto plebiscitario l'assemblea del Pd e ora se lo rimangiano. Che la fanno a fare, allora, questa assemblea? Votino la mozione: "Poi vediamo"». Ma la deputata radicale ha ancora una speranza: «Abbiamo ottimi rapporti con singoli esponenti democratici. Ora che sono al centro del dibattito i temi che abbiamo posto all'attenzione già con i referendum del '99, spero che si possa riprendere un dialogo». Non è detto, comunque, che i radicali non corrano da soli: «Potrebbe anche essere - dice Staderini se potessimo davvero parlare al Paese. E non è scontato che non lo si possa fare, considerando le iniziative dell'Antitrust contro il silenzio della Rai sulle nostre battaglie». Ma, certo, i radicali continueranno a combattere nel loro stile, che non concede nulla alla piazza e al populismo. La Bernardini, per esempio, si dice contrarissima alla diminuzione dei parlamentari: «Noi siamo per collegi uninominali piccoli. Se tagli i parlamentari, li devi fare più grandi, diminuendo il controllo dei cittadini. Il risultato sarebbe che il Paese finirebbe sempre di più nelle mani di un'oligarchia ristretta di esponenti scelti dai partiti».
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