Radicali di strada

Nessuna sorpresa quando ho visto cinque Radicali solitari nel deserto degli scranni riservati alle sinistre (plurale desolatamente obbligatorio), perché queste avevano deciso di abbandonare compattamente il Parlamento. Negli ultimi venti anni ho visto cinque Radicali, o pochi di più, in tante piazze del Paese.
Manifestavano per le coppie di fatto, contro la pena di morte nel mondo o insieme ai migranti. Erano imbavagliati davanti alla Rai, contro un servizio non così pubblico, o erano donne e uomini sandwich, fantasmi o maschere, per denunciare il proibizionismo, l’accanimento terapeutico o l’obiezione di coscienza negli ospedali.
Celebravano la breccia di Porta Pia o i funerali laici di Piergiorgio Welby, fuori dalla grazia di dio. Entravano nelle carceri, osservavano la terribile condizione dei detenuti e smettevano di mangiare e di bere, per chiedere un intervento delle istituzioni. Sempre agli esseri umani e alle istituzioni pensano, quei cinque Radicali, o pochi di più.
Perché ci credono ancora, poveri loro, nelle istituzioni. E negli esseri umani. Ho visto cinque Radicali solitari, per strada e in Parlamento. O pochi di più. E le altre sinistre sempre compattamente altrove.
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