I radicali all’attacco dell’ordine dei giornalisti

Dalla Rassegna stampa

A questo punto la deputata radicale Rita Bernardini «non esclude» il ricorso all’apparato giudiziario per sviluppare l’ennesima battaglia lanciata dal partito di Marco Pannella contro l’Ordine dei giornalisti. Da ben due anni i deputati radicali hanno sottoscritto un’interrogazione per chiedere il commissariamento di questo organismo corporativo in base a una presunta violazione della già discussa legge 69 del 1963 (istitutiva proprio dell’Ordine dei giornalisti). La Bernardini denuncia che il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, non avrebbe nemmeno trovato il tempo per rispondere in forma scritta.
 
 L’irregolarità attribuita dai radicali all’ordine consiste nell’ammettere all’esame di Stato per l’abilitazione alla professione gli allievi delle scuole di giornalismo convenzionate: «privi del requisito previsto dall’articolo 34 della legge stessa, vale a dire l’aver svolto un periodo di 18 mesi di praticantato in una redazione giornalistica autentica».
 
Ad Alfano si chiede di ripristinare la legalità, commissariare i consigli dell’Ordine responsabili e di intervenire «affinché siano revocate tutte le convenzioni stipulate tra Ordine dei giornalisti e istituti di formazione al giornalismo e università, che autorizzano l’ammissione all’esame per l’abilitazione all’esercizio della professione a chi è privo dei requisiti previsti dalla legge n. 69 del 1963».
 
 
La vicenda delle convenzioni tra Ordine e scuole di giornalismo da sempre solleva perché si finisce per immettere sul mercato una massa di giovani destinati alla disoccupazione. Ma anche perché esponenti dell’organismo corporativo di categoria sono diventati insegnanti retribuiti nelle stesse scuole convenzionate.
 
 Naturalmente all’Ordine dei giornalisti rigettano le accuse dei radicali e ritengono di essere in regola. Ma questo ennesimo caso rilancia l’anomalia di un organismo corporativo che non esiste negli altri Paesi avanzati e dove i giornalisti impegnati in veri organi d’informazione costituiscono una minoranza nella lunga e variegata lista delle figure accreditate (politici di mestiere, comunicatori, pr, lobbisti, soggetti a libro paga di banche, aziende, enti pubblici e privati, ecc.), spesso in evidente conflitto d’interessi.
 
In più l’Ordine è da sempre accusato di frenare l’accesso alle professioni dell’informazione, mentre la Costituzione italiana garantisce l’esercizio della libertà di stampa indistintamente a tutti i cittadini. Anche nel caso delle università e delle scuole convenzionate di fatto si crea un filtro per far apprendere il mestiere di giornalista solo a chi è in grado di pagarsi l’alto costo del ciclo di studi. Nel referendum del 1997 promosso dai radicali, che non raggiunse il quorum necessario, ben otto milioni di italiani votarono per l’abolizione dell’ordine dei giornalisti.

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