Il racconto choc di Quirico e i dubbi sul gas

«Non è stato il regime di Bashar al-Assad a usare gas sarin o altre armi chimiche ma i ribelli siriani - a sostenerlo è Pierre Piccinin, l’insegnante belga liberato domenica insieme all’inviato della Stampa, Domenico Quirico, dopo cinque mesi di prigionia in Siria. - È un dovere morale dirlo - ha dichiarato Piccinin - ne siamo certi perché abbiamo ascoltato una conversazione dei ribelli. Mi costa dirlo perché dal maggio 2012 sostengo il Libero esercito siriano (le milizie dei ribelli, ndr) nella sua giusta lotta per la democrazia». «È folle dire che io sappia che non è stato Assad a usare i gas». Così Domenico Quirico, secondo quanto riferisce La Stampa, ha smentito le affermazioni del suo compagno di viaggio e di prigionia, lo studioso belga Pierre Piccinin. Quirico ha confermato di aver ascoltato quella conversazione, ma ha tenuto a precisare: «Non ho alcun elemento che possa confermare questa tesi e non ho idea né dell’affidabilità, né dell’identità delle persone. Non sono assolutamente in grado di dire se questa conversazione sia basata su fatti reali o sia una chiacchiera per sentito dire, e non sono abituato a dare valore di verità a discorsi ascoltati attraverso una porta». «Eravamo all’oscuro di tutto quello che stava accadendo in Siria durante la nostra detenzione, e quindi anche dell’attacco con i gas a Damasco - ha raccontato Quirico -. Un giorno però, dalla stanza in cui venivamo tenuti prigionieri, attraverso una porta socchiusa, abbiamo ascoltato una conversazione in inglese via skype che ha avuto per protagoniste tre persone di cui non conosco i nomi. Uno si era presentato a noi in precedenza come un generale dell’Esercito di liberazione siriano. Un secondo, che era con lui, era una persona che non avevo mai visto. Anche del terzo, collegato via skype, non sappiamo nulla. Dicevano che l’operazione del gas nei due quartieri di Damasco era stata fatta dai ribelli come provocazione, per indurre l’occidente a intervenire militarmente. E che secondo loro il numero dei morti era esagerato».
«Io non so se tutto questo sia vero e nulla mi dice che sia così - ha concluso Quirico -. Bisogna tener presente la condizione in cui eravamo e non dimenticare che eravamo prigionieri che ascoltavano cose attraverso le porte. Non ho elementi per giudicarle, sono abituato a parlare e a dare per certe le cose che ho verificato. In questo caso non ho potuto controllare niente. È folle dire che io sappia che non è stato Assad a usare i gas». Quirico, inviato di guerra della Stampa rapito cinque mesi fa in Siria, si è presentato in Procura a Roma intorno alle 11.30, di ieri, negli uffici del procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo alla presenza dei sostituti procuratori Sergio Colaiocco e Francesco Scavo. I pm, che avevano aperto un fascicolo per il reato di sequestro di persona con finalità di terrorismo, hanno sentito l’inviato di guerra per ricostruire questi ultimi cinque mesi di sequestro. Ai magistrati Quirico ha raccontato di essere stato bloccato assieme a Piccinin «da due pick-up con a bordo uomini armati. I primi giorni eravamo bendati: ho avuto paura di essere ucciso. Forse tre gruppi ci hanno gestito. Da subito sono state molto dure le condizioni in cui siamo stati tenuti. Il mangiare era dato una volta al giorno al massimo». L’inviato ha detto, inoltre, di aver tentato per due volte la fuga assieme a Pierre Piccinin e di aver subito due finte esecuzioni dopo essere stato bloccato dai rapitori, particolari che stavolta combaciano con il racconto del docente belga. L’audizione è durata oltre tre ore, poi Quirico è uscito evitando qualsiasi contatto con i cronisti presenti a piazzale Clodio. Da indiscrezioni, dovrebbe partire da Roma alle 5 con un volo per Torino. Prima di recarsi in procura, l’inviato di guerra della Stampa, in compagnia della moglie Giulietta, è stato ricevuto in mattinata dal presidente del Consiglio Enrico Letta a Palazzo Chigi. Con Letta, si legge in una nota di Palazzo Chigi, era presente il vicepresidente del Consiglio e ministro dell’Interno Angelino Alfano. Con Quirico a Palazzo Chigi anche il ministro degli Esteri Emma Bonino, che lo ha accolto ieri sera all’arrivo all’aeroporto di Ciampino, e: il direttore del suo giornale, Mario Calabresi. Proprio Calabresi, in Procura, ha descritto Quirico come «molto dimagrito e affaticato. Ha contato questi 152 giorni di prigionia e ha in mente un diario dettagliato. Fisicamente è molto stanco ma la sua testa è lucida, è sveglissimo e ha voglia di raccontare».
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