Le quote rosa sono sintomo di ottusità

Dalla Rassegna stampa

Che barba che noia, che noia che barba. L'esultanza, politicamente trasversale per l'approvazione della legge sulle quote di genere che dal 2012 impone che nei Cda di società quotate in borsa o a controllo pubblico e nei collegi sindacali sia presente almeno un terzo di donne, appare, francamente, ottusa. Come ottusa è questa norma dello Stato che fa piazza pulita di almeno due sacrosanti principi che dovrebbero essere considerati sacri nel mondo lavorativo e strettamente collegati fra loro: il sacrosanto diritto, dei vertici di un'azienda, qualunque essa sia, di coltivare o ritrovarsi nel tempo ad avere rapporti fiduciari con chiunque lo meriti, a prescindere dalla identità sessuale. E, di conseguenza, di poter liberamente coltivare la prospettiva di collocare chiunque abbia dato prova di poter sostenere ruoli decisionali nell'ambito della governance dell'azienda stessa all'interno di un Cda. Il che, come dimostrano le percentuali, pur migliorabili di alcune aziende come Cir, Cofide, Luxottica e Unicredit, non significa che alle donne le stanze dei bottoni siano aprioristicamente negate anche se, obiettivamente, sono di più difficile accesso. Il taglio progressivamente impositivo della nuova legge, invece, di fatto esclude la possibilità che, per mille e una "libere" motivazioni, all'interno di una società o impresa sia possibile scegliere "liberamente" per il Cda gli individui che hanno guadagnato credito e che, ahimè, potrebbero essere soltanto uomini. In questo caso cosa succede? Che sull'altare di una miope, facilona e umiliante e impositiva politica di genere, si sacrifica, come ben ha indicato Emma Bonino, il secondo, indispensabile e ancora mal digerito principio, quello della meritocrazia. Tutte dentro, o meglio soltanto alcune cui è riservato il posto a sedere come si fa con le persone molto anziane e le partorienti negli autobus. La differenza è che le vecchiette o le donne incinta si trovano in una effettiva condizione provvisoria o permanente di debolezza. Le donne da immettere nella riserva dei Cda no. Sono esseri umani che lavorano, chi meno chi meglio, chi con maggiore chi con minore capacità di giocarsela sul campo. Bene, il provvedimento stabilisce che per diritto una percentuale rosa deve esserci. Comunque e per diritto. Ora i "posti rosa" da riempire "per forza" sono undicimila e quei buchi bisognerà riempirli. Per legge. Naturale condividere i dubbi della Bonino quando si immagina "da quali filiere proverranno queste signorine".

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