Il Quirinale non scende in politica

Dalla Rassegna stampa

 In una situazione politica e istituzionale assai complessa, le responsabilità e le possibilità di intervento del presidente della Repubblica appaiono esorbitanti, il che forse può spiegare il carattere straordinario delle pressioni o, per usare un termine eufemistico, degli appelli che gli vengono rivolti. E sempre con ricco corredo di adeguate interpretazioni costituzionali. Un paio di mesi fa si chiedeva a Giorgio Napolitano di non sciogliere le Camere, neppure nel caso da manuale in cui ci si ritrovasse, come pareva allora possibile, con due maggioranze di segno politico opposto a Montecitorio e a Palazzo Madama. Ora, invece, si "suggerisce" l’esatto opposto, di indire elezioni anticipate anche contro il parere di un governo in carica e che gode della fiducia dei due rami del Parlamento. Giorgio Napolitano ha a disposizione strumenti costituzionali, a cominciare dal messaggio alle Camere, per esprimere il suo allarme per una situazione che tende ad andare fuori controllo; ma si può essere certi che non uscirà dall’ambito dei poteri e dei limiti costituzionali.
I suoi falsi amici, che lo descrivono come animato da volontà politiche improprie che lo indurrebbero a forzare i vincoli istituzionali, non gli fanno certo un favore. L’autorevolezza del Quirinale nasce dalla certezza che da lì non verranno atti di rottura che aggravino il già difficile equilibrio tra i poteri dello stato. Questa garanzia serve a tutti, può essere l’estrema risorsa cui ricorrere per fermare una deriva antipolitica che rischia di travolgere tutto. Inventare di sana pianta, con corredo di "esperti", una nuova teoria costituzionale che faccia gravare su Napolitano responsabilità di guida politica che non ha e non può avere, oltre che una sciocchezza giuridica, è una sorta di insinuazione politica. Inaccettabile e irrispettosa.

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