Qui l’affare si fa televisivo. Chi punta a vincere sullo schermo

Dalla Rassegna stampa

Bersani la userà con parsimonia, senza nascondere la verità agli italiani sulla situazione del paese e per dare comunque loro una speranza per il futuro, che è cosa ben diversa dalle promesse berlusconiane. Equità, lavoro e ripresa saranno le parole d’ordine del leader dem. Il Cavaliere ha già abbondantemente dato il via al proprio tour de force in ogni tipo di studio televisivo, da quelli più comodi (a cominciare dalla D’Urso) fino ai più pungenti (l’attesissima apparizione di ieri sera da Santoro), nel tentativo di ripetere le clamorose rimonte che lo hanno visto protagonista nelle campagne elettorali degli ultimi anni. Anche se l’impresa non è mai stata tanto ardua quanto adesso. Mario Monti è la novità che non t’aspetti: il rigido premier e distinto professore bocconiano che si fa tirare le orecchie dall’Agcom (l’ammonimento è di ieri) per la sua sovraesposizione nei tg, in qualità di leader politico e non di presidente del consiglio.
La televisione è un tema che irrompe puntualmente nelle campagne elettorali, fino a condizionarne l’esito o, quanto meno, l’andamento. Non sorprende quindi come sia bastato l’invito di Sky per un confronto a tre in diretta l’8 febbraio per riaccendere le polemiche: Ingroia protesta («Si sono dimenticati di me...»), Pannella e i radicali – anche questo un classico – iniziano uno sciopero della fame e della sete «contro il silenzio informativo », i tre possibili ospiti prendono tempo. Bersani fa sapere che lui era e resta disponibile, a patto di definire con chiarezza le regole e una data che vada bene a tutti (lui, ad esempio, per l’8 febbraio ha già previsto un appuntamento di campagna elettorale a Torino).
Il leader del Pd, comunque, non ha intenzione di impiccarsi alle formule: che si limiti ai tre principali protagonisti o veda presenti in contemporanea anche gli altri capi di liste o coalizioni (da Ingroia a Grillo o chi per lui, a Oscar Giannino), per il segretario dem cambia poco.
Rimane alta invece l’attenzione del Pd sull’equilibrio delle presenze complessive in tv. I dati diffusi ieri dall’Agcom confermano le denunce più volte espresse dai dem nei giorni scorsi. I «diffusi squilibri nella presenza delle forze politiche nei telegiornali » riguardano, come anticipato, soprattutto la presenza di Monti, “premiato” praticamente da tutti (Tg1, Tg3, TgLa7 e Sky), ad eccezione delle reti Mediaset. «Le regole vanno rispettate», replica serafico il premier, che però invita subito dopo a guardare anche altrove: «Confido – aggiunge – che, considerato che ci sono anche altri personaggi con forte tendenza e magistrali capacità nell’esposizione televisiva, le regole siano fatte rispettare severamente». Il riferimento, ovviamente, è a Berlusconi.
Ad attraversare, seppure trasversalmente, la campagna elettorale arriva anche la nomina da parte del cda Rai di Monica Maggioni alla guida di RaiNews, lasciata libera da Corradino Mineo, che guiderà la lista del Pd al senato in Sicilia. I soli a votare no sono stati i consiglieri di area dem, Benedetta Tobagi e Gherardo Colombo, secondo i quali la nomina è stata «affrettata» e non accompagnata da «alcuna innovazione nel metodo».

 

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