Questa sinistra non è credibile come alternativa al Governo

Dalla Rassegna stampa

Basta soffermarsi sulle votazioni per l'elezione del nuovo giudice della Corte Costituzionale per avere un esempio nel nostro Paese se a governare fosse la sinistra. Sergio Mattarella, candidato del Pd, è stato infatti eletto dopo ben quattro votazioni del Parlamento in seduta comune e solo dopo che, alla quarta chiamata, il quorum si è abbassato.

Durante le votazioni se ne sono viste davvero di tutte i colori con i vari esponenti del Pd ad accusarsi l'uno contro l'altro di non rispettare gli accordi, visto che ad un certo punto sono spuntati addirittura 65 voti a favore dell'ex presidente della Camera Luciano Violante. Ma, anche con i presunti alleati del Pd, Italia dei Valori e Radicali, che hanno fatto mancare i loro voti creando non pochi problemi al segretario Bersani. Insomma, pur immaginando che la gente non si appassioni a questi giochetti di Palazzo (che peraltro la sinistra ha sempre praticato!) è impossibile non farvi riferimento. Serve a far riflettere sul modus operandi dell'opposizione che, tutte le volte che si trova a dover prendere delle decisioni di rilievo, non riesce mai ad essere unita. Come nel caso della sfiducia al ministro Saverio Romano, quando il presidente del Pd Rosy Bindi lanciò il suo anatema politico ai deputati Radicali, in quota Pd, che non la votarono: «Un comportamento inqualificabile. Il gruppo e il partito ne traggano le conseguenze». Come è andata a finire? Più o meno come tutte le cose dalle parti del Pd: a tarallucci e vino! Anche perché nel frattempo nel Pd hanno trovato il modo e la voglia di litigare anche fuori dal Parlamento, in occasione della raccolta delle firme per il referendum sull'abrogazione della legge elettorale attualmente in vigore.

A tal proposito è eloquente l'intervento alla Direzione del partito di Arturo Parisi, esponente di primo piano del Pd e promotore del referendum, pubblicato sul suo sito internet, il cui titolo è già emblematico: «Sul referendum grave errore di valutazione politica. In un partito serio il segretario si presenterebbe dimissionario». Parisi, pur con il linguaggio della diplomazia politica, non usa mezzi termini nei confronti di Bersani che non avrebbe in un primo momento sposato la via referendaria, per avallare invece quella della riforma della legge elettorale con un'iniziativa parlamentare. Insomma, sono fatti interni al Pd, ai quali non ci appassioniamo di certo, ma che la dicono lunga su cosa potrebbe accadere se i cittadini, tra qualche mese o tra un anno e mezzo, dovessero malauguratamente scegliere di riportare a Palazzo Chigi l'armata Brancaleone di prodiana memoria. Nella migliore delle ipotesi si aprirebbe per il Paese una nuova stagione di forte instabilità politica, l'ultima delle cose di cui abbiamo bisogno in questo momento.

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