Quello che manca a chi vota centrodestra

Dalla Rassegna stampa

Il successo delle primarie del Pd, riconosciuto da tutti, fa sorgere spontanea qualche domanda: come sono andate a finire quelle del Pdl? E perché, dopo averle annunciate e smentite molte volte, il centrodestra, non si sa se per farle o non farle, sta andando verso una scissione?

 

Di ora in ora si susseguono annunci infondati e continui aggiustamenti. Sembrava che già ieri mattina, in una delle sue frequenti telefonate a Canale 5, Berlusconi avrebbe comunicato il suo ritorno in scena e la fondazione di una nuova Forza Italia, il partito con cui diede la scalata al governo quasi vent’anni fa. Poi c’è stato un rinvio a giovedì. A distanza di un anno e mezzo dalla designazione di Alfano come delfino, il segretario si preparerebbe a separarsi dal Cavaliere, per restare alla guida del Pdl, in cui invano nel corso di questi mesi ha cercato di introdurre normali principi di democrazia, e che, svuotato della componente berlusconiana, resterebbe saldamente in mano agli uomini dell’ex An.

 

Ma al di là dei dettagli della scissione, ormai annunciata, e degli elenchi di nomi di chi si prepara a passare da una parte o dall’altra, quella a cui stiamo assistendo è l’implosione, non solo del centrodestra, ma del modello del partito personale inventato e portato al successo da Berlusconi. Lui stesso, convinto che il declino sia dovuto, non ai suoi errori, ma al logoramento d’immagine del personale politico che lo ha accompagnato fin qui, ne progetta un’edizione ridotta, non un altro partito-azienda com’era quello delle origini, ma una specie di arca di Noè, con cui traghettare il meglio della sua gente verso prossime fortune.

 

Ora, cosa possa rappresentare in termini elettorali una nuova Forza Italia con le amazzoni del Cavaliere e senza i volti dei “vecchi” ex An, nessuno è in grado di dirlo. I sondaggisti, che considerano Berlusconi perfino più usurato di quelli che vuol rottamare, non azzardano più del dieci per cento. E quanto possa pesare un Pdl svuotato dagli ex Forza Italia e con Alfano alla guida, è altrettanto azzardato valutarlo. Dovrebbe oscillare sul quindici-diciotto per cento.

 

Ma anche ammesso che i due tronconi, che dovrebbero presentarsi separatamente alle elezioni, possano riunirsi dopo il voto, per partecipare a una maggioranza e sostenere un governo, quel che resta da capire è come si comporteranno gli elettori cosiddetti moderati in mancanza di un’offerta politica chiara, ancorché non del tutto condivisibile, com’era stato il centrodestra di Berlusconi nell’ultimo ventennio. Oltre a introdurre normali regole democratiche in un’area politica che le ha sempre rifiutate, le primarie che il Cavaliere si ostina a rifiutare avrebbero avuto anche un altro scopo: dare piena rappresentatività a tutte le anime interne, dalla Santanchè alla Gelmini e Frattini, e poi arrivare alla sintesi scelta dagli elettori.

 

Così invece Berlusconi sarà libero di fondare il suo nuovo movimento e condurre come crede la sua campagna elettorale, attaccando Equitalia e la politica di rigore imposta dal governo e forse

lasciando anche sfogo a sentimenti antieuropei. Una forma di grillismo in doppio petto, il cui primo assaggio è stata la conferenza stampa a Villa Gernetto tre settimane fa. Quanto ad Alfano, se davvero resterà in sella al Pdl, dovrà cercare di recuperare i voti perduti. Gli elettori moderati che non vogliono votare per una destra divisa, ma non hanno ancora deciso di spostarsi al centro, sono avvertiti. Anche se Berlusconi, di qui a giovedì, ha tutto il tempo per cambiare ancora idea almeno un paio di volte.

 

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