Quelli che aspettano il voto in Sicilia. Prima vittima la riforma elettorale?

Il voto siciliano di domenica prossima è destinato a scompaginare i giochi della politica romana. L’intesa tra Pd e Udc sul nome di Rosario Crocetta rappresenta un test in vista di un possibile accordo da replicare il prossimo anno a livello nazionale. I sondaggi prevedono un testa a testa tra lui e il candidato della destra Nello Musumeci. Se dovesse andare male per il centrosinistra, potrebbe rimettersi tutto in gioco, riaprendo il dialogo tra i centristi e il Pdl (o quel che ne sarà) nella prospettiva di quella fantomatica coalizione dei moderati che Berlusconi e Alfano continuano a vagheggiare, mentre flirtano con due che di moderato hanno ben poco, come Maroni e Storace. Già nei giorni immediatamente successivi al voto, dalla Sicilia partirà un effetto domino: il primo tassello destinato a cadere è la riforma elettorale in discussione al senato. I lavori della commissione affari costituzionali, che si riunisce anche oggi, sono praticamente in stand by in attesa di vedere cosa accadrà a Palermo. E cosa accadrà lo ha già anticipato anche il Cise presieduto da Roberto D’Alimonte: l’impossibilità che dalle urne esca una maggioranza predefinita a sostegno del governatore eletto, con la necessità per Crocetta o Musumeci di coinvolgere la coalizione di Gianfranco Miccichè e Raffaele Lombardo. Le cause sono presto dette: la frammentazione del quadro politico e una legge elettorale che non vede un premio di maggioranza vero e proprio, ma un “premietto” di governabilità.
Due elementi che si ritroverebbero anche a livello nazionale, se dovesse essere approvata la riforma elettorale di stampo proporzionale proposta dal pidiellino Malan. Così come accadde la scorsa primavera (dopo le amministrative e il voto francese), la palla potrebbe essere colta al balzo da chi preferisce una legge che veda uscire dalla urne una maggioranza autosufficiente. Il Pd è il primo tra questi. Se saltasse anche l’ultima mediazione per la riforma, le strade rimarrebbero due: tornare a votare col Porcellum o un intervento diretto dell’asse Quirinale-palazzo Chigi per proporre un testo che metta d’accordo tutti. Ma sia Napolitano che Monti vorrebbero evitare di arrivare a tanto. La legge elettorale rappresenta ovviamente la premessa per definire gli schieramenti. Ma l’esito del testa a testa tra Crocetta e Musumeci è un altro fattore che i partiti (e non solo) osservano con attenzione.
In particolare, è tutta l’area centrista a essere in fibrillazione. L’alleanza Pd-Udc può essere esportabile? «Vedremo, attendiamo il responso degli elettori», risponde serafico Casini. E un dialogo con il Pdl è possibile? «Prima si deve capire cosa accadrà in Sicilia», ripete. Al ritornello del leader centrista, si aggiunge il low profile politico dell’appuntamento di Todi 2, nel quale le associazioni cattoliche si sono limitate a indicazioni programmatiche, mentre appare ancora amorfo (a un anno di distanza dal primo appuntamento) il contenitore politico che dovrebbe sostenerle.
Restano ad attendere le mosse centriste Bersani e Alfano. Il primo ha fatto dell’intesa con i moderati un punto forte della propria proposta di governo: l’eventuale sconfitta di Crocetta rischierebbe di penalizzarlo anche nella campagna delle primarie, di fronte a un Renzi che ha sempre evitato di entrare nel merito delle possibili alleanze e ha tenuto il suo camper lontano dall’isola, rimandando al dopo-voto le tappe siciliane del tour. La vittoria, nonostante la quasi certa necessità di allargare la coalizione verso Miccichè e Lombardo, rinsalderebbe comunque l’asse di Bersani con Casini, a scapito di Sel e Idv, destinate a rimanere al di sotto dello sbarramento regionale.
Per il Pdl, dall’altra parte, sarebbe invece un’apocalisse, con Berlusconi nei panni...del Cavaliere: l’azzeramento del partito, la ricostruzione dell’asse con la Lega, la scissione degli ex An. Al contrario, un successo di Musumeci darebbe più forza al tentativo di rinnovamento nella continuità di Alfano.
Infine, nell’isola Beppe Grillo metterà alla prova la propria capacità di penetrazione al sud, finora scarsa. La sua presenza ingombrante ha riempito nelle ultime due settimane le piazze dell’isola, anche se l’effetto sulle urne è tutto da verificare. I sentimenti antipolitici dei siciliani sono sempre stati molto forti, ma si sono sempre fermati alle soglie dei seggi. Cosa accadrà stavolta è più difficile da prevedere, anche perché più difficile è riuscire a individuare i nuovi centri di potere che proveranno a sostituire quelli cuffariani, prima, e lombardiani, poi. Grillo può approfittare del disorientamento degli elettori, anche se sarà più difficile mantenere l’onda lunga fino al voto nazionale della prossima primavera.
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