Quanto ha da imparare la Cina

Secondo il celebre analista di relazioni internazionali, Francis Fukuyama, il sistema economico cinese sarebbe migliore di quello occidentale, e in particolare degli Stati Uniti, per la sua capacità decisionale superiore in quanto a rapidità e omogeneità. Ciò, ha sostenuto Fukuyama ieri sul Financial Times, dà luogo a maggiore efficienza, anche in questa epoca dominata dal progresso tecnologico. In particolare Fukuyama cita la rapidità con la quale in Cina si realizzano le infrastrutture, cioè la piattaforma su cui si erige il progresso della vita civile e l’efficienza della produzione industriale. Indubbiamente Pechino ha fatto, in tempi relativamente brevi, balzi da gigante anche nelle industrie di tecnologia avanzata. Ma li ha realizzati mediante gli accordi con grandi imprese americane come General Electric e Boeing, che hanno offerto il know how tecnologico in cambio dell’accesso all’immenso mercato asiatico e dell’impiego di manodopera a basso costo. Ma il progresso tecnologico di General Electric o di Boeing è realizzato in un regime di libertà delle idee, in un mercato aperto nel quale si impara grazie alla competizione con le altre imprese. La Cina invece finora ha solo copiato ciò che è stato creato nel capitalismo di mercato, ed è riuscita a farlo in modo efficiente perché si è avvalsa di una combinazione fra un regime politico autoritario e fortemente gerarchico e un’economia mista decentrata. Il governo centrale infatti non ha il controllo dell’economia a livello provinciale; ergo: la crescita del pil cinese non si realizza con processi dall’alto in basso ma dal basso in alto. In questa semi-anarchia sta la sua forza. Invece il potere economico centrale è lento e guardingo nelle decisioni che riguardano inflazione, moneta e cambi. In definitiva, la visione di breve termine dei vantaggi di un miscuglio di neomercantilismo ed economia di mercato, basato su violazione dei diritti, bassi salari, cambi artificiosi e imitazione degli altrui prodotti, non può offuscare il giudizio di lungo termine. D’altronde tutta l’esperienza del XX secolo ha già dimostrato la superiorità dei flessibili (e a volte farraginosi) sistemi democratici rispetto agli "efficientissimi" moloch centralizzati.
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