A quando il riordino dei giudici?

Dalla Rassegna stampa

Chi, come noi, attende da oltre vent’anni la riforma della giustizia dovrebbe riporre qualche speranza nell’incontro avuto la scorsa settimana da Marco Pannella con Silvio Berlusconi, Angelino Alfano e Gianni Letta. Ma, purtroppo, quindici anni di incompiute da parte del Cavaliere nel campo delle riforme liberali, non lasciano molto spazio all’ottimismo.
 
Dal 1993 sentiamo parlare di separazione delle carriere; e se dopo diciotto anni ci troviamo ancora ai blocchi di partenza, quello di essere stati presi in giro inizia ad essere più di un sospetto.
 
Idem dicasi per tutto il resto del rosario delle riforme promesse dal Premier, con l’aggravante che i tanti, troppi stop and go che hanno caratterizzato la legislatura in corso (con provvedimenti appena accennati e poi prontamente ritirati in quanto ritenuti troppo rischiosi o impopolari), uniti alla ormai sparuta maggioranza parlamentare di cui gode il centrodestra, hanno reso la situazione ancor più difficile a tal punto da far sembrare velleitaria qualsiasi ipotesi di riforma della giustizia nella legislatura in corso.
E poi, non bisogna dimenticarlo, dall’altra parte c’è quell’istrione del patriarca radicale che spesso ha rispedito al mittente offerte che ai più sarebbero potute sembrare interessanti ma che avrebbero minato la "purezza" del movimento radicale. Indimenticato, da questo punto di vista, il "no" opposto a Bettino Craxi che invitava Pannella a farsi avanti al momento dell’uscita di scena del leader socialista. Ma, c’è da scommetterlo, Pannella saprà approfittare da par suo della opportunità offerta dal Cavaliere e con ogni probabilità cercherà di tenere tutti sulla corda fino al prossimo imminente appuntamento del congresso del Partito Radicale (dal 17 al 20 febbraio a Chianciano).
 
Lì probabilmente arriverà il "No grazie" e chissà cos’altro: magari Marco rilancerà, ancora una volta e come sempre, costringendo come al solito gli altri a correr dietro a lui.
Noi saremo lì a goderci il divertimento, assai magra consolazione per una riforma che non verrà più.

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