Quando il potere doveva essere operaio

Dalla Rassegna stampa

 

Regolarmente, da quarant`anni, a ogni annuncio di crisi economica o inquietudine sociale ricorre una domanda: «Sarà un autunno caldo?». Sinonimo di conflittualità, l`autunno del 1969 è stato quasi una rivoluzione, un incubo per l`establishment politico e le classi dirigenti dell`epoca. Perché dopo la rivolta studentesca del `68, furono gli operai a ribellarsi, dando origine al «lungo maggio italiano», segnando tutti gli anni `70. Fu un conflitto di potere, nel senso più materiale del termine. Potere avere salari decenti, poter decidere sui tempi di lavoro e di vita, poter discutere della propria condizione in assemblea, poter votare i propri rappresentanti e giudicare ciò che fanno in tuo nome. Fu un moto di libertà che, partendo dall`insopportabilità cui la grande fabbrica fordista aveva ridotto il lavoro, rovesciò i rapporti di forza: da allora, per un decennio, non fu più possibile trattare un lavoratore come una merce. Fu anche un momento di crescita culturale e di partecipazione democratica: nella rivendicazione, nello sciopero, nella manifestazione, donne e uomini diventavano protagonisti cambiando se stessi e il proprio modo di vedere il mondo. A quei mesi dedichiamo un inserto che troverete in edicola domani con il manifesto: «Il potere doveva essere operaio», un viaggio nei temi e nei luoghi di quelle lotte. Per capire, senza nostalgia, quanto e come possiamo ancora aver bisogno di quell`«autunno caldo». O di uno nuovo.

© 2009 Radicali italiani. Tutti i diritti riservati

SEGUICI
SU
FACEBOOK