Quando il governo si muove per far luce sul caso Emergency

Dalla Rassegna stampa

Proprio noi, che l’avremmo voluta più tempestiva e non ne abbiamo fatto mistero, registriamo con soddisfazione la risposta che Berlusconi e Frattini hanno dato ieri all’arresto dei tre operatori italiani in Afghanistan. Al presidente Karzai è stata recapitata una richiesta ufficiale di spiegazioni «urgenti e concrete», e il ministro degli Esteri ha precisato in Parlamento di essere «insoddisfatto» delle risposte sin qui ricevute da Kabul. Ogni sforzo sarà ora fatto per arrivare alla verità, partendo, beninteso, dalla presunzione di innocenza che vige in tutto il mondo civile. Bene, dunque, anche se tardi. Ma in attesa che Karzai ci onori con chiarimenti adeguati, la vicenda dell’ospedale di Emergency pone inevitabilmente interrogativi che dovranno anch’essi trovare risposta. L’Italia ha una presenza cruciale in Afghanistan, e forse andrebbe ricordato in questo momento che il governo di Roma è stato il più pronto e il più generoso
quando si è trattato di mandare i rinforzi che Obama (d’accordo con Karzai, si presume) reclamava a gran voce.
Orbene, era stata informata l’Italia dell’incursione dei servizi segreti afghani? Ne sapeva qualcosa il comando Isaf? Sia- mo stati tenuti subito al corrente della presenza di truppe inglesi chiamate (lo ha detto ieri Frattini) dopo il rinvenimento di armi e di un piano di attentato (scritto!) all’interno dell’ospedale? Se è così, gli 007 afghani potrebbero aver avuto tutto il tempo di piazzare loro le «prove» contro i tre italiani. Allo scopo, per esempio, di rendere inoperante l’ospedale più scomodo del mondo e di dare a Emergency una intimidatoria lezione. Roma, insomma, oltre a parlare con Kabul dovrebbe farlo anche con il generale McCrystal che comanda l’lsaf. E pretendere da entrambi, con i più elementari chiarimenti, anche un maggiore rispetto.
Un consiglio ci sentiamo di darlo anche a Gino Strada, in vista della manifestazione di sabato a Piazza Navona. Si adoperi perché non vengano esibiti simboli di partito o comunque politici. Non dia un contributo alla consolidata tendenza italica di vedere tutto attraverso la lente degli schieramenti interni. I presunti «bombaroli in camice bianco», dalla loro ignota prigione, non ne trarrebbero giovamento.

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