Quando è il Fisco che viola il patto

Dalla Rassegna stampa

Attilio Befera, al vertice di Equitalia, si erge a tutore del «patto» violato dagli evasori fiscali. Ma appunto, il patto si stabilisce tra due soggetti, l'individuo che paga e lo Stato che riscuote. Che succede se anche lo Stato inadempiente, esoso, oppressivo viola il patto fiscale?

Le tasse non sono «belle», sono un dovere, una necessità. Si deve pagare il giusto. Ma non è una violazione del «patto», se si è costretti a pagare anche l'ingiusto? La lotta all'evasione fiscale deve essere senza pietà. Ma allora senza pietà deve essere manifestata la riprovazione sociale contro uno Stato, l'altro contraente del patto, se commina punizioni mostruosamente smisurate, sin quasi all'esproprio, a chi si è macchiato di piccoli errori contabili. È bene che a Cortina i tinti nullatenenti siano snidati, ma anche i soldi sprecati da una spesa pubblica foraggiata con i ricavi delle tasse sono uno scandalo. Si assiste invece a uno squilibrio culturale: si deplora pubblicamente l'evasione, ma si lascia impunito lo Stato oppressore. È la sconfitta di una visione liberale dello Stato e del Fisco, secondo la quale prima viene la persona, l'individuo e poi viene lo Stato. Si impone invece una visione distorta secondo cui lo Stato è un prius, mentre il benessere degli individui diventa qualcosa di cui sospettare. Il possesso della prima casa conquistato con i risparmi e con il mutuo diventa torbido «patrimonio». La privacy bancaria un impedimento nell'azione degli arcangeli antievasione. Persino i pensionati privi di carta di credito sono oggetto di sospetto sociale.

Tosare il ceto medio con il peso asfissiante delle tasse è ingiusto, anche se tutti gli evasori smettessero di evadere. Soffocare con balzelli iniqui chi ha un reddito guadagnato con mezzi leciti è ingiusto, anche se tutti i Suv degli evasori venissero sequestrati. Lavorare oltre la metà di un anno per destinare al Fisco i propri soldi onestamente guadagnati è ingiusto. Ci sono degli spot che mostrano l'evasore come un vampiro che campa alle spalle della collettività: se lo merita, perché ha violato un patto. Ma non ci sono spot che indicano al pubblico ludibrio chi assume o viene assunto per ragioni clientelari, sperperando le tasse pagate da chi le paga. Ecco lo squilibrio: giustificare, nei fumi della guerra santa contro l'evasione, l'ingiustizia di una tassazione proiettata a livelli di dismisura intollerabili. Si facciano i blitz a Cortina, ma si eviti di spargere il terrore nel ceto medio. Non esiste solo la polizia per evitare l'elusione diffusa: esiste un'intelligente politica di detrazioni, come hanno indicato Alberto Alesina e Francesco Giavazzi e come avviene nella maggior parte dei Paesi in cui lo Stato non si presenta sempre nella sue veste più odiosa e arrogante. Colpire chi viola un patto, dunque. Ma sempre, e bilateralmente. Chi non paga e chi spende male. Chi non fa il suo dovere e chi massacra di tasse i cittadini. Anche questa è equità.

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