Quale assurdo capo d'accusa produrranno?

Dalla Rassegna stampa

 

Oso appena credere alle notizie che ci giungono dall'Iran. Oso appena credere che le autorità abbiano potuto commettere l'errore, lo sbaglio irreparabile e folle, di arrestare il figlio di Sakineh, Sajjad, come pure il suo avvocato Houtan Kian. Oso appena credere che il regime sia così poco sicuro del suo dossier, abbia così tanta paura di vedere la verità, cioè l'innocenza di Sakineh, venire alla luce e imporsi, che il semplice fatto di un'intervista di Sajjad a due giornalisti tedeschi abbia potuto motivare questa «retata», questa punizione collettiva.
Oso appena immaginare - in realtà, non posso immaginare - le contorsioni intellettuali alle quali la «giustizia» iraniana potrà abbandonarsi per giustificare un atto arbitrario così estremo, mai visto da quando esiste la Repubblica islamica, mai visto in nessun luogo, salvo, forse, nella Corea del Nord o, un tempo, nella Cina della Rivoluzione culturale, o in Cambogia. Ci spiegheranno che Sajjad, il giovane controllore sugli autobus di Tabriz, l'adolescente il cui padre è stato assassinato e che si batte perché sua mamma sia liberata, è, anch'egli, sospettato di omicidio? Di complicità nell'assassinio del, padre? Di complicità, già che ci siamo, nell'adulterio di cui è accusata la madre? Quale follia inventeranno? Quale capo d'accusa assurdo produrranno, stavolta? Oppure ci diranno solo che i due giornalisti di Bild erano lì senza il visto professionale, in situazione irregolare e che questo ha permesso a un commando dell'organizzazione Basiji di buttare in galera tutti quanti, con sprezzo della legge internazionale, delle usanze diplomatiche come anche della pura e semplice ragione?
Nel momento in cui scrivo, l'informazione dell'arresto di Sajjad e di Houtan Kian deve essere ancora confermata. Il governo tedesco sta cercando, da parte sua, di chiarire le circostanze di questa strana e allucinante peripezia. Ma peripezia non è la parola giusta. Non esistono peripezie nella tragedia senza fine chiamata «affare Sakineh». All'indomani della giornata mondiale di azione contro la pena di morte, in un mondo dove l'idea stessa di lapidazione suscita nelle coscienze un sentimento d'orrore assoluto, bisogna, più che mai, ripetere: Sakineh Mohammadi Ashtiani non è colpevole di nulla; Sakineh Mohammadi Ashtiani deve essere riconosciuta innocente; bisogna fermare la lugubre messa in scena - che va avanti da sei anni - che è la persecuzione di Sakineh.
Intanto, bisogna che ci diano notizie del figlio Sajjad e dell'avvocato Houtan Kian e, se è vero che sono stati messi in carcere, bisogna che siano liberati al più presto.
(traduzione di Daniela Maggioni)

 

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