Purchè sia una corsa utile a tutti

Dalla Rassegna stampa

Tra qualche giorno scade il termine entro il quale i professionisti dovranno comunicare ai propri ordini e collegi un indirizzo di posta elettronica certificata. Gli iscritti agli albi professionali dunque faranno da apripista nella campagna per l'informatizzazione e per la digitalizzazione che il Parlamento e il Governo stanno portando avanti da qualche anno, con la speranza che ciò si riveli utile per tutti. L'obbligo legislativo, introdotto lo scorso anno con il decreto legge 185 e che dovrebbe rendere più agevoli e sicuri gli scambi di corrispondenza e di documentazione, riguarda in realtà anche le imprese e le pubbliche amministrazioni.
Le imprese già costituite hanno però ancora due anni di tempo per comunicare al registro delle imprese il loro indirizzo. Le pubbliche amministrazioni già dal 2005 erano tenute a dotarsi di una casella di posta elettronica istituzionale, come prevede il codice dell'amministrazione digitale, e di una casella di posta elettronica certificata per ciascun registro di protocollo. Molte non lo hanno fatto e per esse il Dl 185 suona quasi come un richiamo formale.

In questo processo si registrano ritardi e resistenze anche culturali. Con il risultato che le caselle di posta elettronica certificata effettivamente attivate rimarranno a lungo pressoché vuote e continueranno a essere utilizzati i sistemi cartacei tradizionali.
Il legislatore sembra però un po' strabico. Da un lato punta sui professionisti, individuati come capifila per promuovere le forme di comunicazione più avanzate, assumendo che essi per qualificazione e attitudine siano già pronti a compiere questo passo. Dall'altro stenta a varare una riforma delle professioni in linea con le esigenze di un'economia moderna aperta alla concorrenza e ai bisogni sempre più sofisticati della clientela. Anzi le timide aperture alla liberalizzazione operate dal Parlamento precedente sembrano ormai prossime a rientrare. In particolare, il progetto di riforma della professione legale ora all'esame Parlamento ripristina i minimi tariffari obbligatori, mira a estendere le attività riservate agli iscritti, limita le forme di pubblicità, impedisce lo svolgimento dell'attività in forma di società di capitali. L'articolato, che recepisce molte indicazioni contenute nella proposta di legge approvata dal Consiglio nazionale forense il febbraio scorso, risente ancora dell'ideologia corporativa che caratterizza da decenni la legislazione in materia di libere professioni.

Non si riesce cioè a far passare l'idea, acquisita in altri Paesi, che la riforma delle professioni, più che calibrata sulle esigenze dei professionisti, deve essere concepita in funzione delle esigenze dei clienti. Il sistema degli ordini professionali, con tanto di meccanismi di giustizia disciplinare domestica, è invece autoreferenziale.
Si spiega così perché l'indagine conoscitiva sugli ordini professionali pubblicata dall'Autorità antitrust a gennaio (IC n. 34, Bollettino n. 9/2009), che auspicava un'apertura decisa del settore alla concorrenza, è stata accolta con freddezza. Anche la segnalazione al Parlamento e al Governo (del 18 settembre 2009) contenente molte critiche alla riforma della professione legale ha suscitato reazioni stizzite.
In definitiva, la sfida della modernità non è stata raccolta dal mondo delle libere professioni. Più che una spinta verso la digitalizzazione,occorrerebbe un'iniezione di cultura d'impresa e del servizio all'utenza.

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