Il pugno a Capezzone fa godere la sinistra Ma colpirà anche lei

Dalla Rassegna stampa

Che cos’è un pugno alla tempia? Se chi lo riceve è iellato, equivale a un colpo di pistola che può ucciderti. Come è accaduto all’infermiera rumena. Maricica Hahaianu. Martedì sera la fortuna ha assistito Daniele Capezzone, il portavoce dei PdL, picchiato da uno sconosciuto mentre usciva dalla sede del partito.
Non era notte fonda, bensì poco prima di cena, verso le 19.30. L’agguato non è avvenuto in una periferia buia di Roma, ma nel centro della capitale, in via dell’Umiltà. L’aggressore, poi fuggito, ha colpito senza curarsi della strada affollata. E neppure dell’eventuale presenza di agenti della polizia che stazionano sempre accanto alle sedi di partito. Un imperativo del giornalismo americano recita: "Nessun articolo deve mai puzzare di io l’avevo detto". Dunque non starò a ripetere che avevo scritto più volte del rischio sempre più grave rappresentato dall’odio politico che soffia in Italia. Voglio invece fermarmi su quello che ha esternato un big del centro-sinistra, Dario Franceschini, sfortunato segretario del Pd prima dell’avvento di Pigi Bersani. E oggi avventato capogruppo democratico alla Camera.
Cito le sue parole da un giornale che gli è amico, "Repubblica". Franceschini le ha pronunciate per replicare a Fabrizio Cicchitto che aveva rammentato lo squadrismo di sinistra e il network dell’odio. Secondo il quotidiano di Ezio Mauro, Dario gli «ha dato l’altolà», dicendo: «Solidarietà a Capezzone, vittima di un’ignobile aggressione. Però chi accusa lo squadrismo di sinistra e il network dell’odio, rifletta prima di parlare».
 
CACCIA ALL’UOMO
Ottimo consiglio, quello del ex-segretario pidista. Dunque riflettiamo. Il primo passo di qualunque meditazione è la memoria dei fatti accaduti a partire dalla tarda estate 2010. Questi fatti dicono che è in atto una caccia all’uomo. Diretta contro personaggi noti, nell’ordine: Dell’Utri, Schifani, Bonanni, Belpietro, tutti aggrediti o a un passo dall’esserlo. E tutti invisi, per i motivi più diversi, ai violenti di sinistra. In loro compagnia c’è anche un vip di centro-sinistra: Pietro Ichino, ritenuto dagli odiatori assimilabile a quelli di centro-destra.
Accanto a loro poteva esserci anche il ministro Maria Stella Gelmini. La domenica 24 ottobre avrebbe dovuto parlare a Vicenza, in una festa del PdL. Ma è stata minacciata dai no global del posto. Ed è stata costretta a rinunciare. Con una scelta saggia che, nel mio piccolo, condivido. Sto citando soltanto episodi riferiti dai giornali. Però immagino che, insieme a questi, ne esistano altri che non hanno avuto l’onore delle cronache.
Ho scritto immagino per un’antica cautela di cronista con i capelli bianchi. Ma i casi che mi vengono raccontati sono molti. E descrivono davvero il network dell’odio ricordato da Cicchitto. Minutaglia? Mica tanto. Infatti sto osservando il diffondersi di un andazzo maligno che in tanti anni di mestiere non avevo mai registrato.
Negli anni Settanta e Ottanta, le Brigate rosse ammazzavano o gambizzavano i servi dello Stato imperialista delle multinazionali. Avevano di certo una truppa di tifosi che esultava a ogni delitto. Quando spararono a Indro Montanelli, non ancora santificato come avversario di Silvio Berlusconi, motti brindarono. Ma i simpatizzanti del terrorismo rosso era una cerchia ristretta. Non la folla che oggi vorrebbe linciare il presidente del Consiglio. E insieme a lui chi sta dalla sua parte.
Oggi chi non affianca le tante sinistre rischia di continuo insulti, minacce, aggressioni, botte. Di solito accade per motivi assurdi. Perché leggi un giornale piuttosto che un altro. Perché scrivi cose di destra invece che di sinistra. Perché reagisci, a parole, contro gli eccessi verbali che ti arrivano addosso nei momenti e nei luoghi più impensati.
È una strategia malvagia messa in atto da uno dei tanti partiti rossi o rossicci? Credo di no. Magari lo fosse. Gli strateghi potrebbero fermarla o impedire che travalichi i limiti stabiliti. Purtroppo la verità è assai peggiore. In una parte dell’opinione pubblica di sinistra, spero minoritaria, sta crescendo una nevrosi molto rischiosa. Fondata su un principio autoritario: chi non la, pensa come me, è un nemico da colpire. In qualsiasi modo e in ogni circostanza.
Se questo è vero, e credo che lo sia, è inevitabile una domanda che speravo di non propormi mai. La democrazia italiana è ancora salda, checché ne dicano i tribuni alla Di Pietro. La baracca regge, sia pure un po’ a stento. Però mi chiedo per quanto tempo reggerà. Il pestaggio di Capezzone è un segnale di svolta, davvero pessimo. Dopo di lui a chi toccherà? A quale altro esponente di centro-destra: un dirigente politico, un parlamentare, un giornalista, un elettore qualunque?

AZIONE E REAZIONE
Ma esiste anche un’altra eventualità. Quella che, da un certo momento in poi, lo stesso servizio da carogne venga riservato a eccellenze di centro-sinistra. La storia ci insegna che a ogni azione segue una reazione. I baroni rossi non crederanno mica che a destra non esistano tipi pronti a restituire colpo su colpo. In base alla, vecchia legge del taglione. Hai pestato il portavoce di Berlusconi ? Bene, noi pesteremo quello di Bersani. Hai tirato un fumogeno contro la faccia di Bonanni? Noi ne spareremo due contro il viso di Epifani o del nuovo segretario della Cgil, la compagna Camusso. L’altolà repubblichista impartito da. Franceschini a. Cicchitto potrebbe avere il suo rovescio. E non a parole, ma nei fatti. L’ex segretario del Pd viaggia nell’auto blindata e con la scorta anche quando va al cinema nella sua. Ferrara? Certo che no. Bene, lo colpiremo in quel momento. Non sto facendo ipotesi di fantapolitica. Sto soltanto pensando, con paura, a ciò che potrà accadere.
 Ecco perché l’aggressione a Capezzone ci riguarda tutti. A cominciare dalle tante sinistre che, sotto sotto, pensano che il portavoce del PdL se la sia cercata perché fa un mestiere infame. E per di più, un secolo fa, stava nel Partito radicale. E il Berlusca non gli piaceva per niente.
Per questo motivo, ho un suggerimento da offrire al leader dell’alleanza di centro-sinistra. Il nome mettetecelo voi. Bersani, Vendola, Di Pietro, l’innominato Papa nero? Non ha importanza. Il nome potrebbe anche essere quello di Gianfranco Fini. Oggi reclamizzato come numero uno dell’antiberlusconismo.
 Il consiglio è di ricordarsi del verso di un poeta, inglese del Seicento, John Donne. Dice "Non mandare mai a chiedere per chi suona la campana: essa suona per te". E speriamo che non sia, una campana a morto.

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