Pubblico e privato

Dalla Rassegna stampa

 

 

 
Mi capita sott'occhio la riproduzione di uno dei più bei dipinti di Fragonard, pittore francese del XVIII secolo, "La leggente", o "La ragazza che legge". Rappresenta una giovane, vista di profilo, seduta e con le spalle appoggiate a un cuscino, fasciata da un abito d'un giallo vivace, con sbuffi e volants alle maniche e merletto al collo, i capelli tirati sulla nuca e stretti in un bel ruban in tono. La ragazza sta leggendo un libro, che tiene alzato con la mano destra. La sinistra è abbandonata su un tavolinetto. Legge in silenzio. Leggere in silenzio è una invenzione del Medioevo cristiano.
Sant'Agostino ci racconta, nelle "Confessioni", di essere andato una volta a trovare sant'Ambrogio e di essere rimasto stupito nel vederlo leggere con la bocca chiusa, scorrendo le righe con occhi intenti. Nell'antichità la lettura aveva un andamento declamatorio: la voce, con le sue intonazioni, condizionava la comprensione del testo. Con Ambrogio e con la successiva diffusione nei monasteri della lettura silenziosa si annunciò - penso si possa dire - un principio destinato ad avere una grande importanza nello sviluppo della coscienza umana: il principio della riflessione intima. Metteteci un pizzico di sant'Agostino e del suo "redi in te ipsum, in interiore nomine habitat veritas", e siamo giusto alle soglie della scoperta del "privato" che comincia a prevalere sul "pubblico".
Stranamente, qualche tempo fa, il privato non godette di una buona stampa. Per dire, la chiesa respingeva nettamente l'idea che la religione dovesse essere ristretta nella sfera, nell'ambito del privato. In un suo saggio (cfr: "Laicità e relativismo nella società postsecolare". Il Mulino, 2009) Stefano Zamagni ribadisce il concetto, installatosi come uno dei punti forti del pensiero cattolico contemporaneo, che "il cuore della secolarizzazione" è costituito dal "progetto di separazione fra sfera pubblica e sfera privata" avviatosi in Europa "a far tempo dalla rivoluzione francese". Il quadro del settecentesco Fragonard coglie esattamente questo momento di svolta, da attribuire più correttamente - credo -all'illuminismo, inteso come vasto progetto culturale.
Penso che quella separazione sia tra le maggiori conquiste della modernità, da conservare gelosamente. È peraltro comprensibile che la chiesa cattolica respinga la separazione. Il cattolicesimo ha una fortissima sovrapposizione con certo storicismo e il suo finalismo: il cammino della società umana è governato dalla provvidenza divina, incarnata nella chiesa fondata da Pietro. In questa concezione la sfera pubblica ha un assoluto predominio sulla privata, perché è nella sfera pubblica che viene gestito e si muove il cammino dell'umanità. Ovviamente, si tratta dell'eredità postcostantiniana, quando la chiesa assunse su di sé i compiti di governo di un Impero in dissoluzione. Nelle chiese protestanti la provvidenza, laicizzata, coincide invece sempre più con l'istituzione-stato o, quando resta nella sfera del religioso, si manifesta nella parola della Bibbia e nella sua interpretazione affidata al singolo individuo.
Dalle Br a Terry Jones
P.S. C'entra solo di striscio, ma sono solleticato dall'attualità. Solo in una società protestante può verificarsi il fenomeno del pastore Terry Jones, il capo di una minuscola chiesa pentecostale della Florida che si era messo in testa di bruciare pubblicamente il Corano come protesta per l'attentato alle twin towers dell'11 settembre 2001. Poi ha fatto marcia indietro, magari per opportunismo. Comunque, per il reverendo, la parola di Dio incide nella vicenda umana direttamente, letteralmente, così come è scritto nella Bibbia e come questa viene interpretata dal singolo, in questo caso lui, Terry Jones. L'interpretazione provvidenziale non spetta all'istituzione con la sua storica, consolidata identità, ma al singolo, che assume la sua identità quando e in quanto il Dio biblico si immedesima in lui (o lui nel Dio biblico). Qui la singolarità (il privato?) si trasforma e occupa spazi indebiti: è il rischio che peraltro corre ogni forma di religiosità quando invoca per sé il diritto a occupare il cosiddetto spazio pubblico.
Infine, per incidens: sul Corriere della Sera dell'11 settembre, Massimo Gaggi affermava che negli anni Settanta la televisione e i giornali italiani "dopo attentati e rapimenti relegavano in un cassetto i comunicati delle Brigate rosse, per non rischiare di diventare indirettamente strumenti di proselitismo dei terroristi". Non andò così, tv e giornali dedicarono amplissimo spazio alla diffusione dei comunicati delle Br relativi ad attentati e rapimenti, compreso quello di Aldo Moro. Fu un momento di ignobile irresponsabilità dei nostri media, che non ebbero nulla da invidiare alla stampa e ai media americani di oggi, accusati di aver ingigantito la figura e l'importanza del piccolo pastore (non "prete", come scrive il Corriere della Sera).

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