In provincia non s'è vista e il Pd non l'ha chiamata

Dalla Rassegna stampa

 

Sotto shock, ma lucidi. Il giorno dopo la sconfitta, il segretario del Pd Pierluigi Bersani ringrazia Emma Bonino. Come a dire: non è colpa sua. Ma su cosa sia successo, non tutti la pensano allo stesso modo. Ecco una rassegna dei perché Emma ha perso.
Mai vista una campagna così. Lo pensano in molti, (quasi) nessuno lo dice. Emma Bonino è stata troppo a Roma e troppo poco nelle province. Per questo è stata punita. Diciamolo, non è proprio un’insinuazione. Il suo tour elettorale comincia due mesi fa. Va subito a Frosinone, Latina e Viterbo. Rispettivamente, il 7, il 13 e il 20 febbraio. Ma non ci tornerà più. Si fa vedere a Rieti e a Magliano Sabina a fine febbraio, un mese fa. La domenica dopo fa Sora, Cassino e Ceccano, in provincia di Frosinone. Quella dopo ancora, Anzio e Nettuno. L’ultima disponibile, il 21 marzo, Monterotondo e Passo Corese. Il giorno prima era andata a Firenze (dove nessuno poteva votarla), per sostenere la lista Bonino-Pannella. "Soprattutto all’inizio dice il segretario regionale dell’Idv, Stefano Pedica - faceva tutto tranne che il candidato di coalizione. La si è vista in Piemonte, in Toscana: ma un candidato nel Lazio non si può muovere da quella regione. Noi abbiamo fatto una campagna dura, un’opposizione forte. A volte ci è mancato un candidato presidente". Siamo quasi agli sgoccioli: un passaggio a Velletri, Frascati, Ostia e Civitavecchia. Giovedì scorso un incontro con i cittadini di Montalto di Castro. Alle cene elettorali con i candidati non si è quasi mai fatta vedere.
La Polverini, invece, non se n’è persa una. Nel mese di marzo, gli appuntamenti dell’agenda Polverini sono 176. Quelli segnati sul calendario della Bonino solo 72. Certo, servivano più soldi: per le strade della regione, ogni 4 manifesti della Polverini se ne vedeva uno della Bonino. Ma andare in giro non costa nulla. È anche vero che in campagna elettorale non è il candidato che prende e va. Sono i partiti locali che organizzano l’appuntamento, trovano la sede, mobilitano il territorio. E questo è un altro punto.
Il partito perso sulla consolare. Dice Massimiliano Valerìani, consigliere comunale a Roma per il Pd: "La Bonino ha perso perché la coalizione, a partire dal Pd, non ha ancora fatto i conti con la sua organizzazione territoriale. Non è possibile che un voto su scala regionale abbia differenze così rilevanti, solo percorrendo la consolare che da Roma sale a Viterbo e scende a Frosinone. Ci sono tante coalizioni e mai la stessa proposta politica. Il problema del Pd è questo: non c’è omogeneità, mentre la destra è la stessa, da Latina a Viterbo". Ad aver fatto sbarrare gli occhi ai dirigenti democratici laziali è soprattutto il dato di una città, Frosinone, dove la Polverini ha battuto la Bonino 60 a 39. Da Frosinone vengono due esponenti di rilievo del partito: Scalia, assessore uscente della giunta Marrazzo, già presidente delle provincia ciociara, e Francesco De Angelis, anche lui ex assessore e oggi europarlamentare. Possibile, si chiedono nel Pd, che non abbiano portato un voto? È la filiera che non funziona. Perfino a Viterbo - dove si votava anche per le provinciali - il centrosinistra è riuscito a dividersi e a presentare due candidati: non andrà nemmeno al ballottaggio. Perché l’avrebbero dovuto votare unito alle regionali?
Ci volevano le primarie. A proposito di territorio, c’è chi non riesce a non pensare che quella della Bonino è stata una candidatura piombata dal cielo. Per esempio Luigi Nieri, già assessore, ora rieletto con Sinistra Ecologia e libertà: "Ci volevano le primarie: servivano a lanciare il candidato, a farlo conoscere, a rafforzarlo". Ma per lui la ragione della sconfitta è anche un altra: "Nonostante gli sforzi, non siamo riusciti a trasmettere quel messaggio di legalità e trasparenza in opposizione al centrodestra". Nieri pensa soprattutto a Fondi: quel Comune doveva essere sciolto per infiltrazioni mafiose. Invece, l’affluenza è stata record e la destra ha vinto con il 75 per cento dei voti.
Via Gradoli. Nessuno vuole dare la colpa a Marrazzo, ma in tanti ricordano che, soprattutto in provincia, le frequentazioni di Natali e Brenda hanno colpito parecchio l’immaginario dell’elettorato moderato. Senza quel video, c’è chi è pronto a scommettere, Marrazzo ora sarebbe stato riconfermato presidente: aveva già stretto l’accordo con l’Udc. Il voto cattolico era assicurato.
L’editto della Chiesa. Ci mancava solo l’appello della Cei. Con quel richiamo sull’aborto ha tirato un brutto colpo. Magari non a Roma, ma nei piccoli centri dove i parroci fanno da collante e collettore di voti, qualche effetto deve averlo sortito. Anche perchè, più che dell’aborto, sostiene più dì qualcuno, le gerarchie ecclesiastiche temevano i tagli della Bonino sulle cliniche private accreditate con la regione.
L’ombra di Pannella. Quello sciopero della sete in piena campagna elettorale non è andato giù. Troppo impegnata nelle "sue" battaglie, la Bonino avrebbe tralasciato il vero obiettivo: vincere le elezioni. La candidata sconfitta dirà la sua oggi, in una conferenza stampa. Al fianco di Marco Pannella.

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