A proposito di democrazia

Maurizio Sacconi, evidentemente euforico per aver superato indenne le acque bonacciose del parlamento con il suo articolo 8 sulla libertà di licenziamento, è pronto per la prossima avventura: cancellare il referendum sull'acqua. Il ministro del Lavoro ha lanciato il sasso ieri mattina in un consesso abbastanza ristretto e selezionato da far apparire maggioritaria la sua battaglia: una riunione informale al ministero del Tesoro con Giulio Tremonti, rappresentanti dell'Abi e di Confindustria.
«Altro che sorella acqua, mi auguro che troveremo il modo per rimettere in discussione il referendum», ha spiegato poi a margine di un convegno di Confindustria aggiungendo pure che «non c'è nessuna riforma dell'articolo 8 in vista». Non che ci fosse bisogno di un'ulteriore dimostrazione di insofferenza per le regole democratiche da parte di chi ci governa, ma colpisce comunque la disinvoltura con cui un esponente non di secondo piano dell'esecutivo passa sulla testa di 27 milioni di cittadini che hanno detto il contrario appena pochi mesi fa e calpesta la Costituzione.
Ma per Sacconi una soluzione per salvare le forme e ribaltare la sostanza del voto ci sarebbe: un accordo bipartisan con l'opposizione. «Altro ché sorella acqua,, Enrico», ha detto il ministro rivolto al vicesegretario del Pd Letta, auspicando «larghe intese» sul tema. Altro che democrazia, fratello Sacconi, viene da rispondergli.
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