Profumo rivela: mi metto in gioco la Politica mi Piace

A stanarlo è Bruno Tabacci, che alla festa dell'Api, l'Alleanza per l'Italia, fa gli onori di casa: «Ma tu Alessandro saresti disposto a "sporcarti le mani" e a scendere in politica?». E la risposta di Profumo, il manager vicino al centrosinistra, ma a lungo descritto come allergico al Palazzo, non è scontata: «Se c'è bisogno, sono pronto a dare una mano. Da parte mia c'è la passione per la politica, ho 54 anni, mi metto in gioco. E comunque in politica non si scende, si sale. Perché è qualcosa di nobile e alto», dice tra gli applausi.
È passato un anno dall'addio alla «sua» Unicredit, la banca che da amministratore delegato ha contribuito a privatizzare e a portare in Europa e dalla quale è stato costretto a dimettersi il 21 settembre scorso. Un'uscita imposta dalle Fondazioni socie, accompagnata da una superliquidazione da 40 milioni. È una vicenda sulla quale resta molto da chiarire, a partire dal coinvolgimento nella defenestrazione del faccendiere Luigi Bisignani come emerso dalle carte dell'inchiesta sulla P4. Allora, a dimissioni ancora calde, neanche il tempo di capire, qualcuno aveva indicato Profumo come il «papa straniero» del Pd. Partito nel quale ha militato la moglie Sabina Ratti. Ma per quanto smisurata, quella «boutade» deve essere almeno servita ad aprire una riflessione. Il tempo e le idee non mancano, impegnarsi in politica è più di un'opzione. Pierferdinando Casini lo vede bene nel governo. «Sarebbe un ottimo ministro dell'Economia. Ha un sacco di soldi, ha lavorato bene ed è una fra le persone più intelligenti del Paese. Però - chiarisce il leader dell'Udc - nemmeno lui è l'uomo della Provvidenza. È uno che può dare una mano: è esattamente ciò di cui c'è bisogno».
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