Il primo partito? Gli indifferenti

Il Paese necessita di un cambiamento politico che riconcili la competenza e la qualità dell'élite politica con l'impegno civico dei cittadini (come sosteneva l'immarcescibile Platone). È questo, in sintesi, il responso del recente test elettorale locale.
L'esplosione del Movimento 5 stelle (M5S) e la fuga dalle urne per astensione fanno impallidire anche chi nel centrosinistra prova a cantare vittoria. Pesano su questo doppio segnale elettorale, antipolitico e impolitico, oltre la crisi economica e la depressione sociale, soprattutto l'alta tensione della crisi politica e di quella morale, l'infinita battaglia dell'opinione pubblica contro i partiti pigliatutto della Seconda Repubblica.
I "grillini" del M5S, in questi anni, hanno sferrato ripetuti e pungenti attacchi alla casta, rea della crisi politico-morale del Paese. Incassano perciò il primo sindaco in città capoluogo, Parma, dopo essere saliti a circa 250 consiglieri eletti. In larga maggioranza maschi, under 35, laureati, i "militanti grillini" presentano una condizione professionale che spazia dagli studenti (16%) agli occupati precari (12%), dai lavoratori dipendenti (36%) a quelli autonomi (21%) e rifiutano l'etichetta antipolitica, visto che il 52% sostiene che sia una semplificazione mediatica (Orazi e Socci, Eliteam 2009). L'88% dei membri del M5S è per una politica diversa da quella dei principali partiti, perché essa preclude la possibilità ai cittadini di partecipare da protagonisti alla "cosa pubblica" (77%).
È comunque un'antipolitica "innovativa" quella del M5S, perché è segnata dalla tecnologia dei tempi correnti, che consentono un accesso mediatico a bassissima soglia tanto da rinverdire l'utopia di democrazia diretta, con intermediazione partitica drasticamente limitata. Grillo ha mostrato grande fiuto (come i Piraten in Svezia e Germania) nel proporsi come un motore della politicizzazione della rete, fino a condurla nei palazzi della rappresentanza.
Ora, come mostrano le prime grane di Pizzarotti, inizia la parte più difficile per la leadership incontrastata di Grillo: dalla denuncia e dalla protesta si passerà alla gestione delle istituzioni e del consenso, una metamorfosi non semplice per un movimento "spontaneista" e "senza testa", che nega il leaderismo degli altri, ma non quello in casa propria.
Disfatta della destra, sopravvivenza della sinistra, crescita dell'antipartitico M5S: tuttavia, è stata l'esplosione clamorosa dell'area del non voto (in particolare al secondo turno) a chiarire bene il sentiment di "fuga dalle urne" e a misurare la temperatura raggiunta dalla crisi politico-morale nel Paese. In realtà, tutti perdiamo con l'aumento dell'indifferenza e dell'astensione. L'Italia va male perché agli italiani continua a mancare la lucidità, a partire dalla cabina elettorale, di essere essi stessi artefici, responsabili e arbitri dell'"andamento delle cose" nel Paese. È la defezione "impolitica", il disimpegno diffuso il male culturale italiano che gli attuali ceti politici non sono in grado di curare, perché essi stessi sono il prodotto del grande riflusso e della grande disillusione dalla politica, non solo in Italia, ma in tutto il vecchio mondo occidentale.
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