Primarie, Bersani sbaraglia Renzi. Ma i veri vincitori sono D'Alema, Bindi & Co

Dalla Rassegna stampa

"Adesso il mio compito è rinnovare". A dirlo è stato Pier Luigi Bersani, da poco incoronato candidato premier per il centrosinistra. Eppure, mentre il segretario del piddì festeggia al Teatro Capranica di Roma la vittoria su Matteo Renzi, in televisione rispuntano i veri vincitori di queste primarie che, anziché rinnovare l'anima del partito, hanno premiato i soliti noti che continueranno a comandare – in barba alla rottamazione.
Quegli stessi volti a cui erano state vietate le comparsate in televisione per non dare un'immagine troppo vecchia al segretario, costretto al ballottaggio da un ragazzotto di Firenze che aveva l'illusione di innovare i post comunisti e trasformare via del Nazareno nella casa dei social-democratici. Un'utopia, appunto. Il sogno è durato davvero poco. Lo stesso Silvio Berlusconi aveva benedetto la ventata d'aria fresca portata dal sindaco “rottamatore”. Tuttavia, il popolo di centrosinistra ha preferito il passato: un ex Pci alla guida della coalizione che metterà insieme democratici e il Sel di Nichi Vendola. Così, come per magia, appena Bersani è stato certo della vittoria con oltre il 60% delle preferenze, sono rispuntati fuori tutti come funghi. Il primo ad appalesarsi è stato, in collegamento con Enrico Mentano, Massimo D'Alema. Poi, è ricomparsa Rosy Bindi. E così via. Insomma, tutto il vecchio baraccone che il Pd si porta dietro da tempi immemori. "La parola rottamazione è una parola d’ordine sbagliata – ha spiegato il presidente del Copasir – noi dobbiamo cambiare, noi abbiamo cambiato e questa è stata la forza di Bersani". Secondo D’Alema, che aveva temuto di finire ai giardinetti come un nonno in pensione, è stato "sbagliato e controproducente il modo in cui questa questione è stata posta e alla fine Renzi ha pagato qualche prezzo, non ne è stato avvantaggiato".
"Abbiamo un gruppo dirigente più giovane e questo si rifletterà anche nella composizione del gruppo parlamentare - ha incalzato l'ex premier - ma questo non può significare la liquidazione delle maggiori personalità della sinistra che in modo diverso continueranno a dare il loro contributo". Quindi la chicca: D'Alema ci ha tenuto subito a far notare che non candidarsi e non entrare in parlamento non significa rinunciare a fare politica.

Al teatro Capranica per festeggiare la vittoria del segretario piddì c’era tutto lo stato maggiore del partito. Oltre a D'Alema in primissima fila Rosy Bindi, Dario Franceschini e Vasco Errani. La presidente del Pd, che oggi in una intervista a Repubblica si è detta soddisfatta perché "il partito ha dato prova di maturità e generosità", ha subito fuggito le domande sul regolamento del Pd che vogliono fuori dalle liste chi ha più di due legislature alle spalle. "Con Bersani si afferma un’idea di futuro e di Paese migliori - ha spiegato ieri sera la Bindi - abbiamo segnato un primo bellissimo punto in vista delle politiche". Insomma, per dirla con le parole del senatore Nicola Latorre: "Ha vinto l'asse Pd-Sel". E ancora: uno dopo l'altro, Dario Franceschini e Ignazio Marino. "Bersani ora usi il piotere che ha avuto per riunire il Paese e la politica - ha commentato l'ex premier Romano Prodi - perché ora Bersani è fortissimo".

Nella vittoria di Bersani non c'è soltanto il trionfo della vecchia classe comunista, ma c'è anche una svolta alla sinistra della sinistra. In una intervista al Corriere della Sera, Nichi Vendola ha spiegato chiaramente che il voto delle primarie "chiede una svolta a sinistra" e un "cambio radicale dell’agenda Monti". In questo momento, il governatore della Puglia ha, infatti, la golden share sul segretario democrat. C’è uno schiacciamento a sinistra, quella sinistra dei "no", quella sinistra profondamente anti berlusconiana e illiberale, quella sinistra innamorata delle tesse e dei balzelli. Un rosso antico rischia, insomma, di tingere il Paese.

 

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