Prezzi dei libri, un liberismo finto

Dalla Rassegna stampa

Tornerà per la seconda volta alla Camera, dopo essere transitato due giorni fa al Senato, il progetto di legge sulla «Nuova disciplina del prezzo dei libri». Si può stare certi che non troverà difficoltà, perché il primo passaggio a Montecitorio avvenne addirittura in sede legislativa, mentre a palazzo Madama si è registrata una convergenza quasi generale. Il «quasi» si riferisce alla coerente distinzione operata dalla pattuglia radicale, aderente al gruppo democratico.
 
Due senatori radicali, infatti, Marco Perduca e Donatella Poretti (c'è poi Emma Bonino, vicepresidente di palazzo Madama), hanno presentato un emendamento cristallino: «Il prezzo al consumatore finale dei libri venduti sul territorio nazionale è liberamente fissato dall'editore o dall'importatore. E comunque fatta salva la facoltà dei venditori al dettaglio di promuovere campagne promozionali e applicare sconti. È consentita la vendita dei libri ai consumatori finali, da chiunque e con qualsiasi modalità effettuata».
Pura libertà, puro liberalismo, tutto a vantaggio del consumatore. Si vende al prezzo che si ritiene, ossia a quello che è determinato dalla libera decisione di produttore e consumatore.
Invece la legge contiene limiti, divieti, percentuali di sconto obbligatoriamente da non superare, regole per le eventuali promozioni...
Insomma, sono disposizioni tutte concepite, all'evidenza, per favorire una singola categoria (le piccole librerie, come è esplicitamente emerso dal dibattito), senza tener conto alcuno dei vantaggi possibili per i lettori.
Come ha denunciato Perduca nella sua sconsolata dichiarazione di voto, quella radicale è stata «la resistenza di un minimo di approccio liberale e liberista nei confronti della sacra e santa unione tra editori, librai e le maggiori organizzazioni di rappresentanza degli utenti e dei consumatori, che non necessariamente sono passate alla storia per fare gli interessi degli stessi».
Nella relazione si leggono perfino espressioni quali «fissare il prezzo dei libri significa allora, almeno per un po', gestire il forsennato capitalismo liberista».
Quando il Pdl esalta la «rivoluzione liberale» e parla di voler tornare allo «spirito del'94», dovrebbe essere coerente. Anche nelle minori faccende. Qui c'erano due possibilità: scegliere la strada liberale, lasciando a editori e venditori, da un lato, e lettori e acquirenti, dall'altro, la possibilità di agire in piena libertà, secondo il mercato; oppure, scegliere la via dirigista, socialista, statalista, con intromissione nel libero gioco della domanda e dell'offerta.
Il centro-destra ha scelto questa seconda strada. Alla faccia dei sempre ostentati, ma nei fatti ripudiati, principi liberali.

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