Preso il boia di Srebrenica Mladic sarà processato all'Aja

Dalla Rassegna stampa

Aveva due pistole con sé ma non le ha usate, non ha fatto resistenza, ed è stato catturato vivo. Nel minuscolo villaggio di Lazarevo - poche case, solo 150 abitanti nel nord del Paese - dove Ratko Mladic si nascondeva e dove gli uomini dell'intelligence serba sono andati a prelevarlo interrompendo i suoi 16 anni di latitanza, si sono levati nostalgici canti nazionalistici. Gli abitanti, vicini di casa dell'ormai anziano capo militare dei serbi di Bosnia, dovevano conoscerlo bene e non potendo più proteggerlo, si sono comunque risentiti e hanno anche cercato di boicottare le dirette di due troupe locali, l'emittente B92, che per prima ha dato al mondo la notizia della cattura del super latitante del Tribunale dell'Aja per i crimini di guerra, e la tv Prva di Belgrado.

Il volto del boia da vecchio
Quanto ad altri particolari sulla cattura, il ministro Rasim ha detto che Mladic «sembrava un uomo molto vecchio». «Era pallido, il che significa che con probabilità è uscito raramente di casa, motivo per cui è passato sempre inosservato». Ljacjic ha aggiunto che «si sarebbe potuto passare accanto a lui senza riconoscerlo». Il ministro ha però ammesso che Mladic «parlava normalmente con i membri dei servizi di sicurezza». Eppure la radio di B92 ha detto che l'identità non è stata subito sicura, ha avuto bisogno di esami di riscontro, aggiungendo che il «boia di Srebrenica» - come viene comunemente chiamato, ma non in Serbia - ormai 68enne, ha pure un braccio paralizzato, forse a causa di un ictus. È stato il presidente serbo Boris Tadic a fine mattinata a confermare ufficialmente la cattura di Mladic. Proprio nel giorno in cui l'Alta rappresentante della politica estera della Ue, Catherine Ashton iniziava la sua visita di due giorni in Serbia e Kosovo in funzione del negoziato sull'adesione dei due Paesi alla comunità europea. Tadic nel dare l'annuncio ha posto l'accento sulla chiusura di un capitolo doloroso della storia nazionale: «Un periodo difficile della nostra storia è finito - ha rimarcato - e la reputazione della Serbia ora non è più offuscata». Dichiarazione che insieme alla definitiva collaborazione con gli inquirenti dell'Aja, è costata a Tadic l'accusa di «alto tradimento» da parte degli ultranazionalisti serbi del partito radicale Srs. A parte loro e le doglianze del suo capo politico di un tempo, quel Radovan Karadzic che condivide ora con il suo ex generale lo stesso destino di prigionia tutto il resto del mondo si felicita per l'esito del blitz. A cominciare dai familiari delle vittime e sopravvissuti del massacro di Srebrenica e dal procuratore capo dell'Aja Serge Brammertz, passando per il segretario generale Onu Ban Ki-moon e dal presidente americano Barack Obama. «Chi ha commesso crimini contro l'umanità e genocidi - ha assicurato Obama con evidente riferimento al leader libico Gheddafi - non scapperà alla giustizia». Come gli ha riconosciuto lo stesso Tadic, i servizi segreti Usa, insieme a quelli inglesi, hanno contribuito non poco all'eccellente cattura.

Soddisfazione è stata espressa anche dalla maggior parte delle cancellerie europee. Per l'Italia, è stato il presidente Giorgio Napolitano a sottolineare in un messaggio indirizzato a Tadic la stima e l'incoraggiamento per l'affermazione della legalità internazionale e contemporaneamente per la «definitiva riconciliazione» della travagliata regione balcanica.

© 2011 L'Unità. Tutti i diritti riservati

SEGUICI
SU
FACEBOOK