Il premier vede vicino l'obiettivo dei 316 voti

Dalla Rassegna stampa

Con l'aiuto di Mannino, di Cuffaro e degli ex-dc siciliani in odore di divorzio da Casini, il Cavaliere è a un passo dall'«autosufficienza»: parola magica che nel suo caso significa fare a meno di Fini, o comunque renderlo meno indispensabile nei tre anni a venire. Uno schiaffo al rivale, il quale dicono che in queste ore sia parecchio in allarme e cerchi le contromosse.
Ricapitolando la guerra dei numeri: dopo il patto stretto giorni fa con l'altro ras siciliano Lombardo, Berlusconi si era arrampicato già a quota 311-312. Gli mancavano altri 4-5 voti per ottenere la maggioranza alla Camera dei deputati, che si raggiunge con la metà più uno dei seggi (630). Se di qui al 28 settembre riuscirà a comprarsi un pezzo dell'Udc, il premier potrà pronunciare il suo discorso a Montecitorio col piglio di chi padroneggia la situazione. E se Bossi insisterà per, andare al voto in anticipo, Silvio lo metterà a cuccia con gli argomenti cari al presidente Napolitano: la maggioranza esiste, caro Umberto, l'Italia non capirebbe una chiamata alle urne...
Insomma, sul terreno dell'orgoglio e del puntiglio il Cavaliere sembra in condizione di aggiudicarsi la sfida. Probabile che in Parlamento non vedremo nascere un «gruppo della responsabilità» di rincalzo al governo, in quanto parlandone il segretario del Pri Nucara ha acceso tutti i riflettori, e vai con le smentite di chi doveva farne parte. Però «chissene importa del gruppo», alza le spalle il premier, «a me interessa solo raccogliere i voti necessari all'autosufficienza». Chi lo conosce assicura che sul piano delle soddisfazioni irrazionali nulla potrebbe risultargli più dolce.
Però poi, una volta cantata vittoria su chi osò alzargli il dito contro, Berlusconi dovrà governare. E magari proteggersi con uno scudo costituzionale contro i processi. Escluso che possa farcela (Prodi ne sa qualcosa) con 3 voti in più alla Camera. Non avrebbe nemmeno il controllo delle commissioni parlamentari. Dal giorno successivo alla fiducia, confida un ministro meridionale, «i finiani ci faranno ballare la rumba». Dunque qualche forma di compromesso col «nemico» sarà necessaria, se non altro per varare la nuova versione del Lodo Alfano. Da questo punto di vista, la campagna acquisti del premier rischia l'effetto , boomerang.
Il presidente della Camera pare l'abbia presa male parecchio. Oggi vuole riunire i fedelissimi. Stop per ritorsione alle trattative che si snodavano sottobanco con potenzialità (secondo alcuni) niente affatto da disprezzare. Si era parlato di un documento in preparazione, con sotto la firma di parlamentari anche autorevoli tanto del campo berlusconiano che di quello finiano, per giurare fedeltà al premier e nello stesso tempo riconoscere alcune buone ragioni del dissenso interno. Quel testo avrebbe marcato una svolta, segnato nei fatti una tregua... Tutto torna in alto mare.
Non solo. Casini proverà a restituire lo schiaffo. Il leader centrista si è iscritto personalmente alla Commissione Giustizia della Camera, dove passano le varie leggi «ad personam», e a Berlusconi questo dovrebbe suggerire qualcosa. Per non dire delle faide incontrollabili che un arrivo di Mannino e Cuffaro scatenerebbe nel Pdl siciliano, del prezzo che quei vecchi marpioni alzerebbero di continuo per dare il loro sostegno al governo... Che cosa segna il barometro di Bonaiuti? «Bassa pressione», confida onesto il portavoce del premier. Il sereno deve ancora tornare.

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