Il premier: ora rafforziamo la maggioranza

Dalla Rassegna stampa

Ad Arcore è stato Niccolò Ghedini ad indossare i panni della "colomba". «Meglio prendere tempo e non alimentare tensioni». Silvio Berlusconi non ha certo intenzione di deporre le armi, ma colpire ora la procura di Milano non ha senso, gli hanno spiegato i suoi legali, si andrebbe a rinfocolare il conflitto con il Capo dello Stato. Dunque ieri ad Arcore, al vertice con gli avvocati, si è deciso che non si farà nulla fino alla vigilia del 6 aprile, giorno d'inizio del processo. Non si imboccherà né la strada del conflitto di attribuzione alla Consulta, né sarà giocata la carta della improcedibilità. Per ora resta in piedi solo lo strumento del legittimo impedimento. Il "caso Ruby" sarà affrontato a tempo debito, al momento la priorità è affondare Gianfranco Fini. Al Senato la pattuglia di Futuro e libertà è destinata a scomparire (resteranno solo Valditara, Germontani e De Angelis) e il Cavaliere è in continuo contatto anche con Urso e Ronchi. Ai due finiani ha proposto addirittura un ritorno al governo. «Se uccidiamo Fini - è il ragionamento del premier - nessuno ci potrà fermare». Con i numeri in Parlamento il premier veramente potrà cercare di varare la riforma della giustizia. Ieri ha sentito al telefono Marco Pannella che gli ha assicurato i voti dei Radicali.
 
L'obiettivo poi è quello di virare sull'immunità parlamentare in modo da assicurarsi il salvacondotto. «Voglio cambiare l'ordinamento giudiziario a tutti i costi. Se scelgo di non alzare lo scontro - ha ragionato il premier con i suoi - il presidente della Repubblica non potrà mettersi di traverso». Nei prossimi giorni il Guardasigilli Angelino Alfano chiederà udienza al Colle per portare a Giorgio Napolitano il "pacchetto" dei provvedimenti che andranno in Com. La linea è quella di tenere i toni bassi per poi, qualora il presidente della Repubblica alzasse un muro, attaccare a tutto spiano. Il premier, riferiscono fonti parlamentari del Pdl, ha messo in ghiacciaia anche la manifestazione di piazza che era stata convocata per attaccare i magistrati di Milano. Si tenta quindi di "addolcire" la prima carica dello Stato che, però, tramite i soliti canali ha fatto sapere di voler esaminare la riforma della giustizia solo dopo che sarà presentata in Parlamento.
Si prospetta così di nuovo lo scontro che ci fu qualche mese fa sul tema delle intercettazioni. «Il Capo dello Stato non può non tener conto dei nostri numeri», continua a ripetere Berlusconi. Raccontano che Fini sia finito sotto processo anche da parte degli alleati per aver permesso al premier di rosicchiare altri voti.
 
Adolfo Urso è andato a lamentarsi con Pier Ferdinando Casini: «Gianfranco è una statua di ghiaccio». Il leader Udc si è lamentato apertamente con il leader di Fli: «Qui stanno venendo tutti a parlare con me, ma il partito è tuo, mica mio...». Luca Bellotti prima di scegliere di ritornare all'ovile ha tentato di confrontarsi con il presidente della Camera: «Devi parlare con Italo Bocchino non con me», la risposta. Certo, il leader del partito di via Due Macelli riconosce a Fini il coraggio di aver strappato con Berlusconi, ma sostiene anche che ora la tattica adottata dal leader di Fli è assolutamente suicida. Bisognerà capire se il progetto del terzo Polo riprenderà quota, altrimenti il Cavaliere avrà una prateria davanti a sé. E a quel punto non c'è processo che tenga. «Possono fare quello che vogliono questi giudici - sosteneva ieri baldanzoso l'uomo di Arcore - io presto avrò la stragrande maggioranza in Parlamento e il consenso nel Paese». In via dell'Umiltà riportano che i sondaggi sono di nuovo in risalita. «Vedrete, questa storia di Ruby sta per finire, ha spiegato Berlusconi al telefono ad un dirigente del Pdl. È "grazie" a Fini che il Cavaliere ha deciso di non affondare i colpi e di dar ragione ai suoi legali: «Meglio prendere tempo, è inutile forzare la mano».

© 2011 Il Secolo XIX. Tutti i diritti riservati

SEGUICI
SU
FACEBOOK