Il premier e l’artista, storia smaliziata dei rapporti tra Cav. e pannelliani

Dalla Rassegna stampa

"Per favore non mettete i Radicali insieme a Misiti o a Barbareschi...", commentava ieri fra un articolo e l’altro della rassegna stampa Massimo Bordin, la firma più pesante di Radio Radicale, di cui fino a pochi mesi fa è stato direttore. Bene essere corteggiati dal premier, bene l’attenzione dei media, ma i Radicali ci tengono a un distinguo che è forma e sostanza, teoria e prassi della loro storia, dalle origini ai nostri giorni: fatto centro su alcuni obiettivi, liberismo e giustizia per raggrupparli grossolanamente, chiunque li persegua può essere compagno di strada o testimonial fosse pure Belzebù. Ruby o non Ruby. Al Foglio, Bordin spiega che "Pannella usa i momenti di debolezza dei governi perché ritiene che in quei momenti si possano ottenere delle cose utili. E Berlusconi è debole. I retroscenisti lo trattano come gli altri politici, mentre lui è diverso quello che fa lo dice. Gli schemi politici calati su Pannella non funzionano: lui è un artista".
 
 In questo senso "artistico", virtuosistico quasi è stato il rapporto tra Pannella e Berlusconi fin dagli esordi, nel 1994, anche quelli più che articolati, gioco complesso di vicinanze e lontananze, aperture e paletti: alleanza con Forza Italia al nord dove c’era la Lega, liste autonome al sud, dove il Polo del buongoverno era alleato con l’Msi. Tentarono i Radicali perfino la dicotomia assoluta al limite della schizofrenia, con Berlusconi al nord, con la sinistra al sud. Non riuscì. I Radicali entrarono nella maggioranza, mai nel governo, Emma Bonino fu commissario europeo, al posto di Giorgio Napolitano allora capogruppo del Pds, non ministro. E questo i Radicali di ieri e di oggi ci tengono a ricordarlo. Gli archivi invece ricordano le condizioni, ben cinque, poste da Pannella a Berlusconi per sostenerlo nei voti di fiducia: un’inchiesta sulla cultura, una commissione di inchiesta sulla morte di Georgiana Masi, un’indagine sulla morte di Salvatore Marino, la riapertura del caso Cirillo e il problema Rai. Non piacque a sinistra vedere Pannella con il Cav., fioccarono le accuse di scambio, iniziò di lì a poco il mantra della sopravvivenza della convenzione della radio come unica possibile ragione per un’alleanza inaccettabile a sinistra - che aveva considerato spesso avversario Pannella, ma mai di destra. Se Pannella aveva un interesse, naturalmente anche Berlusconi aveva il suo ad arruolarlo e non era solo numerico: i Radicali portavano l’imprimatur di liberale da ultra liberali e lo sdoganamento culturale per l’homo novus, il bacio della politica sull’imprenditore che ci si tuffava. La rottura fu nel ‘95 alle Regionali e costò a Pannella l’addio di uomini di punta: Peppino Calderisi, Elio Vito, Marco Taradash gli preferirono il Cav. Fu corsa solitaria nel’96, l’anno della vittoria di Romano Prodi, dopo un tentativo di riavvicinamento fallito per il veto di Clemente Mastella e nonostante Berlusconi fosse pronto a offrire collegi. Un solo eletto, Pietro Miglio, un voto comunque per la maggioranza di centrodestra. Nel 1999-2000 la rottura divenne irrecuperabile e il prezzo lo pagò Berlusconi: Pannella non perdonò il voltafaccia del Cavaliere sui referendum liberisti sul lavoro, quelli ante Cofferati. Emma Bonino aveva raccolto l’8 per cento dei voti alle europee, all’Ergife si festeggiava, ma lo ricordano tutti il vecchio leader ottenere applausi da stadio sulla frase definitiva "saremo all’opposizione del governo e all’opposizione dell’opposizione". Che, a ben guardare, rovesciata può significare che talvolta, contro l’opposizione, ci si può anche schierare con il governo. Purché le cose siano chiare. A dicembre, nella grande partita con Fini sulla fiducia, vi fu una trattativa in realtà inesistente, ma mediaticamente appetitosa, visto che i Radicali da sempre lamentano e combattono il cono d’ombra, e titolano la loro rassegna del mattino "stampa e regime". A dicembre non fu neppure questione di Berlusconi e Pannella, ribadiscono nel partito, ma di un corteggiamento di La Russa nei confronti dei sei deputati radicali, riferito a Pannella a quel punto agilissimo nel saltarci su. Ma era visibilità. Oggi la situazione è diversa: corteggiato di persona, con visita al Cav. bisognoso di riprendere la scena e l’iniziativa politica. Operazione alla Sarkozy, diceva qualche giorno fa Mario Pepe, esperto cacciatore di voti in Parlamento. "Pannella è pragmatico: se Berlusconi farà liberalizzazioni mai fatte finora, non saremo noi a dire di no", spiega Bordin. Così come ieri faceva capire Emma Bonino: "Se farà i collegi uninominali non diremo no... ma non sembra questa la prospettiva".

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