Il premier: golpe dei pm e ora torni immunità

«È un golpe bianco: degno del regime della Germania Est. Ma i pm non ce la faranno. In una democrazia è il popolo l’ultimo giudice»: Silvio Berlusconi non è mai apparso furibondo come traspare dalle anticipazioni dell’intervista che ha concesso a Giuliano Ferrara e che sarà pubblicata oggi su Il Foglio. «La inchiesta di Milano è farsesca. Quella appena avviata a Napoli è inaccettabile. Scelgono i tempi e si scambiano le carte. Io resisto. Posso aver peccato, ma sono un galantuomo. Vogliono liberarsi di me evitando il voto degli italiani che considerano rincretiniti. Quando parlo di "eversione politica" di certa magistratura do un giudizio tecnico, non uno sfogo irresponsabile»: con queste parole lo scontro tra premier e Procure (non solo Milano, ma anche Napoli) è arrivato al punto più alto. E potrebbe ripeterle oggi al Quirinale in un incontro,non ancora confermato, con il Capo dello Stato. «Ma queste sono parole eversive! Se nella maggioranza c’è qualcuno che ha ancora a cuore le sorti del Paese, dica qualcosa perché siamo vicini alla soglia di allarme» è stata l’immediata replica di Pierluigi Bersani, segretario del Pd.
Ma la intervista del Premier è solo il primo atto di una gigantesca controffensiva che il centrodestra sta per scatenare, in Parlamento, in Europa, sui media e in piazza. Ieri mattina, il ministro degli Esteri Franco Frattini ha confermato l’intenzione del governo di sollevare la questione della «violazione della privacy» davanti alla Corte Europa di Strasburgo. «In questa inchiesta sono stati violati i diritti del cittadino e la questione deve essere sottoposta alla valutazione di un organo internazionale» ha detto il responsabile della Farnesina. Ma si tratta di una mossa più di effetto che di sostanza: la Corte europea si muoverà solo dopo che sarà concluso l’iter giudiziario nazionale e, come ha fatto notare la parlamentare europea Sonia Alfano, Idv, «le tutele delle privacy sono sospese in caso di indagini per fatti criminali».
Gli altri fronti. Peppino Calderisi, ex esponente del Partito Radicale, ora Pdl ha presentato da alcuni giorni una proposta di modifica costituzionale che intende reintrodurre l’immunità parlamentare, cancellata nel ‘93 sull’onda di Tangentopoli. In base a questa proposta, le autorità giudiziarie dovranno informare le Camere di pertinenza dell’avvio di un’inchiesta a carico di un parlamentare e, in attesa del via libera, le indagini si dovranno fermare.
In caso di un parere negativo di Camera e Senato l’inchiesta resterà congelata per la durata del mandato. Non solo: lo stesso esponente della maggioranza ha proposto un’altra modifica alla norma costituzionale che introduce, di fatto, il presidenzialismo. In caso di voto di sfiducia, sarebbe il presidente del Consiglio a chiedere lo scioglimento delle Camere e non più il Presidente della Repubblica.
Solo ieri mattina, invece, è tramontata l’ipotesi di varare subito un decreto contro le intercettazioni. Il premier aveva veramente l’intenzione di chiedere al Capo dello Stato la possibilità di utilizzare la procedura d’urgenza per approvare le misure, ferme da mesi in Parlamento. E Berlusconi ne avrebbe voluto parlare ieri stesso con Napolitano: l’occasione era rappresentata dalla cerimonia «della memoria» al Quirinale.
Ma il Capo dello Stato, contattato informalmente dal sottosegretario Gianni Letta ha ripetuto quanto sostenuto ieri con una nota ufficiale: non era previsto alcun colloquio privato con il Premier. Oltretutto il capo dello Stato aveva già manifestato tutte le sue perplessità sul provvedimento quando era in avanzata fase di discussione. Così Berlusconi ieri ha disertato la cerimonia (il colloquio ci sarà, forse, oggi), e ha preferito incontrarsi con i cinque direttori delle testate a lui più vicine: Ferrara, Sallusti, Toti, Branchini e Signorini. Il provvedimento sulle intercettazioni telefoniche sarà, però, rivitalizzato e sarà rimesso nell’agenda del Parlamento a breve, su richiesta del Pdl.
L’ultima carta che il centrodestra sta studiando è il meccanismo per sollevare egualmente il conflitto di attribuzioni con la Procura di Milano in sede parlamentare. «Ci vorrebbe qualche mese» per avere la decisione, fa sapere il Presidente della Consulta Ugo De Siervo. Il quale allontana con decisione l’accusa di essere di sinistra: «Di bolscevichi non ce ne sono».
È un’accusa gravissima per ognuno di noi. Basta attacchi». Replica anche il vice presidente del Csm, Michele Vietti: «La magistratura non coltiva "finalità eversive", e ai giudici e alla loro funzione si deve rispetto».
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