La preferenza fa paura al presidente della camera

Dalla Rassegna stampa

 

Il ritorno al voto di preferenza spaventa Gianfranco Fini. L'idea di proporre un ritorno al vecchio sistema, che costituiva una delle colonne del potere della Democrazia cristiana nella prima repubblica, ha i suoi massimi sostenitori nel Pdl, con l'obiettivo di dare un segnale forte a Fini, un politico che adesso non avrebbe più il consenso popolare (almeno nel centrodestra) dopo la bufera italo-monegasca che si e abbattuta su di lui e sulla famiglia Tulliani.
Ora che il presidente della Camera dei deputati sarebbe stato "depotenziato". come dicono i berlusconiani, quello che era il cavallo di battaglia degli ex componenti di Alleanza nazionale, ovvero la forza elettorale acquisita nel corso dei decenni grazie alla presenza delle sezioni e alla fatica del militanti è improvvisamente scomparso dall'orizzonte della politica. E quel rapporto 70/30 tra Forza Italia e Alleanza nazionale, utilizzato per compilare gli elenchi dei candidati con l'attuale legge, ora troverebbe conferma anche tornando al voto di preferenza, affermano nel Pdl: all'epoca della determinazione delle quote, tutti avevano ipotizzato scenari negativi per i berlusconiani nel caso di liste non bloccate (un argomento che ha preoccupato per mesi i dirigenti locali anche prima delle ultime elezioni regionali nel Lazio, dove però un pasticcio burocratico ha evitato la presentazione della lista Pdl, annullando così la gara tra ex aennini e ex forzisti).
La rinnovata forza del Pdl viene quotidianamente esposta da tutti coloro che non hanno seguito Fini in Futuro e libertà, oltre che Francesco Storace e gli esponenti della Destra. In particolare, proprio l'ex governatore della regione Lazio e Teodoro Buontempo, assessore alla casa nella giunta di Renata Polverini, conoscono fin nei dettagli cosa accade nelle vecchie sezioni che un tempo erano del Movimento sociale italiano, dove si sente dire che «Fini a Roma non potrà più candidarsi, se si torna a dare la preferenza».
E la passione sentimentale di chi ha militato nella Fiamma è talmente forte che un tam tam consiglia al numero uno di Montecitorio di non affacciarsi più allo stadio Olimpico, per vedere le partite della Lazio (squadra storicamente amata dalla destra romana e regionale). Addirittura, nel Pdl c'è chi pronostica per Fini una bocciatura sonora alle elezioni, nel caso del ripristino della vecchia preferenza: «Potrebbe farcela solo se si facesse inserire nella lista del Partito democratico, magari in un collegio come quello del Mugello», scherzano i collaboratori dei premier. Estendendo l'ipotetico appoggio dei bersaniani anche a due altri componenti della pattuglia finiana, Fabio Granata e Enzo Raisi.
Una situazione comunque imbarazzante; per Fini, ideata per mettere a dura prova la sua pazienza, e che per il Pdl rappresenta un grimaldello da usare per scegliere la data delle elezioni anticipate. Sì, perché lo schieramento per cancellare le liste bloccate sta trovando proseliti, anche grazie all'impegno del leader radicale Marco Pannella, «e pur di evitare la nuova introduzione del vecchio sistema Fini sarebbe disposto a fare carte false», dicono i berluscones. E poi non ha abbandonato il Pdl vuole tastare il polso degli elettori: pure Domenico Gramazio ha telefonato a radio Radicale per far appoggiare l'iniziativa. Morale della favola: il pallino resta in mano, come sempre- a Silvio Berlusconi.

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