E il predellino due finisce in dramma

«Mille aghi non fanno una spada», proclama un Giulio Tremonti, montanaro di nascita intirizzito, ma sempre in vena di citazioni, annunciando il prossimo incedere sul palco nel retro di piazza del Duomo del lider maximo.
Tragica premonizione. La statuetta del Duomo stesso lanciata sul volto del premier Berlusconi al termine del comizio, che ha provocato la giusta e unanime condanna del presidente della Repubblica e di tutto il mondo politico, può far male assai. Non solo fisicamente.
Se non fa male quanto una spada nel costato di certo ne fa come una ferita dell´anima per chi, dal palco, ha appena attaccato i giornali, i mass media, a cominciare dalla tivù di stato, i giudici, la Corte costituzionale, tutti i presìdi di controllo e di libertà che questo paese ancora possiede, per dimostrare che lui è un «bravo fieu», come diceva mamma Rosa. E non è quel «mostro» che sostengono le «fabbriche del fango» intrise di marxismo che avvelenano l´Italia. Lo sappiano quei pochi che, contenuti dalla polizia, stanno facendo un´indegna gazzarra tra le bandiere del Pdl che garriscono nel vento gelido e di fronte al video turistico, che ancora scorre di lato al palco mostrando le bellezze d´Italia, a cominciare dalle riprese aeree delle Costa Smeralda.
Il labbro sanguinante del premier colpito purtroppo dal Duomino kitsch farà il giro del mondo e sarà l´unico «plus», come dicono cinicamente i pubblicitari, del Predellino 2. Che, prima del drammatico epilogo, era di glamour piuttosto scarso, dopo quello del tardo autunno 2007 che annunciò la nascita del Pdl.
Un migliaio di persone stavolta trascinate da Ignazio La Russa (mal gliene incoglierà visto che il leader l´ha identificato pubblicamente come responsabile della terribile serata nel gelo e con la ferita fisica) approfittando per le riprese televisive del flusso continuo tra San Babila e Piazza del Duomo di migliaia di famigliole con i pacchetti dei regali di Natale, che con le bandiere del Pdl non avevano assolutamente voglia di mischiarsi.
C´è un gruppo di contestatori agguerrito, ben più delle dieci persone censite dalle agenzie di stampa, che, come è capitato raramente, hanno costretto il premier, per sopravanzare il gingle «Meno male che Silvio c´è», a gridare per tre volte «Vergogna, vergogna, vergogna!». Questa - dice nel gelo in giacca e senza cappotto, rivendicando la sua ipervalenza fisica - «è l´Italia che vogliono», un´Italia dove ciascuno ha comunque e dovunque il diritto di manifestare il suo dissenso. Siamo pazzi a manifestare il dissenso? Sciagurato quel lanciatore di piccoli Duomi che ha colpito Berlusconi.
Prima dell´aggressione, Berlusconi era già trafitto dai mille aghi tremontiani. Non dei giudici, dei giornali, della Corte costituzionale («In una democrazia non si può accettare che magistrati politicizzati possano intervenire sul Parlamento»), ma da un´Alleanza repubblicana che si sta formando «per la difesa della democrazia», in una filiera ininterrotta che va da Casini a Fini, da Rutelli a Di Pietro, una Santa Alleanza, se Pierluigi Bersani consentirà, che magari salverà la legislatura e la democrazia con un governo di salute pubblica, togliendo prima di tutto dal campo il leader populista ferito e la sua corte. Sì, la corte. Era un piccolo esercito infreddolito di zelatori ieri sera al Duomo, tra la folla ignara alla ricerca dei regali natalizi per i bambini. Tolta la dignità di Tremonti, che raramente smentisce l´anima snob, c´erano tutti: il ciellino, l´ex radicale, il fascista. Roberto Formigoni e Letizia Moratti fuggevoli sul palco, come a dire: abbiate pazienza e pietà, ci tocca. Qualcuno temeva ieri sera addirittura il lancio delle monetine, come capitò tanti anni fa a Bettino Craxi davanti all´uscita del Raphael.
Ma quell´irresponsabile che ha lanciato il Duomino sulla faccia del premier, nel momento in cui Berlusconi trema per la sindrome del ribaltone, passerà forse alla storia come l´icona degli incidenti idioti della democrazia. Chi meglio di Berlusconi dal San Raffaele potrà dire che i marxisti volevano persino sfigurarlo, complici dei giudici e della stampa reietta? Se non fosse stato per l´aggressione finale, la serata prenatalizia al Duomo avrebbe forse ricordato la sera delle monetine a Bettino Craxi all´uscita dell´Hotel Raphael.
Non conterà nulla, ma il vostro cronista deve riferire quanto ha visto e sentito, mentre Berlusconi parlava, nella postazione delle televisioni che tentavano di riprenderlo al meglio tra le bandiere che, purtroppo, sventolavano poco nel gelo della serata milanese. Ilarità, soprattutto al momento dell´incoronazione come nuova tesserata Pdl del sindaco milanese Letizia Moratti. Ridevano e ridevano. Qualcuno s´incazzava, soprattutto alla comparsa di Roberto Formigoni, come forza fresca per la gestione della Lombardia. Ma era l´incubo del ribaltone, il presidente della Repubblica nemico, la Corte costituzionale bolscevica, che ingrigiva così nel gelo di una notte milanese un premier che ormai, purtroppo per lui, acchiappa meno, nonostante il successo delle sue icone negative persino nel popolo degli acquisti natalizi.
C´è «una campagna giornalistica immonda e miserabile che ci ha disonorato per tre mesi. Le più fantastiche, le più raccapriccianti, le più macabre menzogne sono state affermate diffusamente su tutti i giornali. Si facevano inquisizioni anche di quel che succedeva sotto terra, si inventava, si sapeva di mentire, ma si mentiva. Io sono stato tranquillo, calmo, in mezzo a questa bufera, che sarà ricordata da coloro che verranno dopo di noi con un senso di intima vergogna».
Non l´ha detto ieri Berlusconi al popolo dei regali natalizi che scorreva ripreso proditoriamente dalle sue tivù verso piazza del Duomo. L´ha detto Benito Mussolini nel 1925. L´accostamento può apparire eccessivo, soprattutto dopo quello che è accaduto alla fine del comizio. Ma stasera nel retro di Piazza Duomo, lui non lo sa, sembra proprio di sentire le stesse parole. Lo sa benissimo Tremonti, che avverte: «Se vuoi andare veloce, vai da solo. Se vuoi andare sicuro vai in compagnia». Ma con chi, tolto Bossi? Visto che mille aghi sembrano ormai proprio fare una spada.
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